Page 98 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Nel silenzio della notte i soldati venivano svegliati nelle camere dagli ufficiali di
picchetto e dai sergenti di ispezione. Si radunavano insonnoliti,
coll’equipaggiamento da guerra, nei cortili delle caserme e da qui uscivano in
pattuglie per la città colle istruzioni sommarie di soffocare ogni azione volta a
turbare l’ordine pubblico e di impedire ogni assembramento.
Era la prima volta, dopo vent’anni, che l’esercito prestava un simile servizio a
Cremona.
Dai giorni del colpo di stato fascista esso era stato posto agli ordini della
gerarchia. Ora, indirettamente, serviva la causa popolare e nazionale così come
avrebbero dovuto sempre essere la sua destinazione e la sua funzione.
Dato lo stato d’animo generale del popolo, di opposizione alla guerra e di odio
alla dittatura, si poteva essere certi che l’esercito, espressione di popolo nei suoi
ranghi di base, avrebbe respinto qualsiasi reazione fascista.
Per le vie di Cremona notturna risuonavano dunque i passi ferrati delle pattuglie
vigilanti sull’ordine pubblico. Nuclei più consistenti di soldati erano sistemati
attorno ai pubblici edifici ed ai complessi dei servizi pubblici.
Questi movimenti di truppe su disposizioni del nuovo governo e l’attività dei
poteri statali logicamente non erano a conoscenza del citato gruppo degli
antifascisti cremonesi.
La subitaneità degli avvenimenti aveva colto la preparazione dell’attività
democratica nel suo nascere e, d’altro canto, l’inesperienza cospirativa aveva
portato a non prevedere, nelle sue conseguenze, l’azione del colpo di stato
venticinque luglista.
Appena scesi in istrada (erano le tre dopo mezzanotte), per recarsi al giornale e
per agire come comportavano le circostanze, i componenti del gruppo furono
sorpresi nei pressi della Stazione ferroviaria da una grossa pattuglia in ispezione.
Non c’era nulla da fare. Bisognava sciogliere l’assembramento. Anche volendo
recarsi isolatamente nei punti previsti logicamente si poteva presupporre di
trovare colà forti nuclei di forza pubblica.
L’azione immediata non aveva perciò, in quella notte, la possibilità di
svilupparsi. Tutto era rimandato alla mattina seguente.
E veniamo dunque, sempre sulla traccia della cronaca, a quella benedetta mattina
del 26 luglio 1943.
Mattina forse di spensierata allegria, se si pensa ai duri tempi di cospirazione e di
lotta che ancora verranno, ma ampiamente giustificata nella comprensiva visione
di uno stato d’animo generale confinante coll’euforia come all’uscire da un
lugubre incubo durato più di vent’anni.
La sensazione cioè che prova il malato quando, uscendo dalla cameretta
dell’ospedale ove è stato per giorni e settimane di fronte a spettri e a cattivi
pensieri, si vede venire incontro la vita con quanto essa ha di bello e di ridente,
magari il verde di un giardino o la folla variopinta di un mercatino rionale.
La storia del 25 luglio a Cremona si va così frammentando in una serie numerosa
di episodi, in una somma di stati d’animo individuali che poi si uniscono e

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