Page 97 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
P. 97

potuto poggiare?
Si è visto che, sulla carta, lo schieramento di forza della gerarchia in provincia
era imponente, ma nella realtà esso ormai non contava nulla.
Una riprova di ciò si poteva avere nella composizione dello stesso gruppo
democratico antifascista. La maggioranza di esso, difatti, era costituita da iscritti
alle organizzazioni fasciste, per ragioni di studio, di lavoro e di pane.
E se la gerarchia contava sui “fascisti iscritti” così come poteva contare sul
gruppo accennato stava veramente fresca.
Il pensiero dunque di una reazione delle gerarchie colle loro sole forze, non
appoggiate, anzi ostacolate dal nuovo governo, dall’esercito e dagli altri poteri
dello Stato, non preoccupò minimamente il nucleo antifascista, il quale piuttosto
esaminò rapidamente il da farsi.
Esso, si può dire, era l’unico gruppo organizzato della città e pronto perciò ad
agire nella carenza di qualsiasi altro movimento.
Si vide subito che la prima cosa da fare era quella di andare alla sede del giornale
fascista e predisporre le cose per far uscire all’indomani un foglio di notizie. Ci
si mise all’opera per redigere qualche manifesto da affiggere per le strade onde
illuminare alla massa dei cittadini le prospettive che si affacciavano
all’orizzonte.
Naturalmente si ignoravano le disposizioni “della libertà vigilata” che il Governo
Badoglio avrebbe emanato in tema di restrizioni della stampa e della libera
azione dei movimenti antifascisti.
Giova ricordare che il 25 luglio monarchico solo in questo particolare settore
dell’isolamento e della compressione delle forze popolari e antifasciste riportò
risultati. Risultati dannosi alla causa italiana come si vide l’8 Settembre, perchè
in altri settori ove avrebbe dovuto agire con energia massima e con forza
centuplicata quali lotta contro il fascismo e neutralizzazione delle forze tedesche,
operò invece tra errori, lacune con uomini che lo portano alle soglie del
tradimento o del doppio gioco.
Così, mentre il gruppo antifascista cremonese si consultava nell’azione
immediata da svolgere, gli organi statali di Cremona agivano sulla base delle
disposizioni ricevute direttamente dal Ministero degli Interni e dal Comando
d’Armata di Milano.
Le disposizioni riguardavano l’ordine pubblico da mantenere ad ogni costo e il
rispetto alle truppe tedesche considerate ancora come alleate. Subordinatamente
la compressione di ogni tentativo di reazione fascista, che in alto loco, data la
suprema ignoranza del reale stato d’animo della popolazione, si riteneva ancora
possibile.
I poteri pubblici, fin da quelle prime ore di libertà vigilata, erano stati assunti dal
Comando del presidio che, pochi giorni appresso, veniva assunto dal generale
Giacomo Florio. Prefettura e Questura, tuttoché pullulanti di fascisti o di gente
che al fascismo era legata per sostanziali interessi, collaborarono
immediatamente col Comando militare della piazza.

                                       97
   92   93   94   95   96   97   98   99   100   101   102