Page 102 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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manifestazioni popolari del ’48 e del ’59, rigurgitava di popolo ardente.
Una sostanziale differenza correva fra quella pacifica dimostrazione e le
precedenti adunate coatte del regime. Non più divise, non più inquadramenti
comandati, non più cartoline precetto da restituire ai fiduciari incaricati della
stolta bisogna.
Un entusiasmo sincero e sereno, una spontaneità che toccava il cuore, un fervore
di propositi che bene augurava per la risorta libertà.
Un cittadino, in testa a un folto gruppo di dimostranti, suonava un tamburo come
in una festa paesana o in una manifestazione annunciatrice della rivoluzione
francese. Operai in manica di camicia, donne del popolo, giovani e anziani
frammischiati assieme. In qualche angolo della piazza gruppetti di vecchi
militanti socialisti alzavano gli inni popolari per tanti anni proibiti.
L’arengo, contaminato tante volte dal contegno ridicolmente burbanzoso e dalla
voce degli esponenti della gerarchia, ospita improvvisamente gli araldi volontari
della democrazia
Giuseppe Speranzini parla brevemente al popolo inneggiando la rinata libertà,
all’unità popolare e deprecando il fascismo fautore di guerra ed aggressore del
popolo.
Dopo di lui ha appena cominciato a parlare Mario Franzetti che le forze
dell’ordine, già scaglionate nella piazza e sotto i portici del Comune, si muovono
per impedire la continuazione del comizio. La piazza viene sgombrata al centro
da cariche di soldati, che hanno però il fucile a tracolla, gli oratori vengono fatti
discendere dal podio, e mentre Giuseppe Speranzini riesce a nascondersi fra la
massa del popolo, Mario Franzetti viene fermato e tradotto in Questura. Verrà
poi liberato dopo qualche giorno.
Così è avvenuta la prima (ed unica) pubblica manifestazione dei 45 giorni.
Bisognerà attendere ora l’aprile del ’45 per rivedere libere masse di popolo
riunite in piazza e per riudire libere voci inneggianti alla libertà!
La manifestazione però, anche se interrotta, ha avuto una particolare importanza.
I fascisti repubblichini che sopravverranno dopo l’8 settembre non potranno
negare che il consenso popolare, liberamente espresso, era andato al movimento
democratico, né potranno negare, se non con evidente malafede di fronte alla
popolazione, che la loro base di appoggio era ormai molto limitata né poteva
contare sulle masse che avevano invece applaudito gli oratori della libertà. In
questo senso Cremona democratica si allineava con le maggiori città italiane.
V’è di più. Durante la dimostrazione, sotto i portici del Comune, un ufficiale
superiore aveva sospeso un subalterno cremonese che apertamente stigmatizzava
il fascismo e fraternizzava coi dimostranti. Ciò significava che anche l’esercito
era, nei suoi quadri inferiori, profondamente antifascista e democratico.
Nel frattempo, mentre il Comitato provinciale antifascista provvedeva alle cose
di maggiore urgenza, da parte dei nuclei tendenzialmente e ideologicamente
legati a questa o a quella idea politica, si procedeva alla ricostruzione ufficiale
dei partiti politici antifascisti.
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