Page 92 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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svolsero né si esaurirono nel giro di pochi giorni, ma continuavano mentre la
storia d’Italia e la cronistoria di Cremona di giorno in giorno progredivano verso
la crisi risolutrice.
La guerra batteva ormai implacabilmente alle soglie d’Italia.
L’armata nazista in Africa aveva ammainato la bandiera.
La vecchia colonia di Libia, come in antecedenza l’Eritrea e la Somalia, era stata
occupata dalle truppe delle Nazioni Alleate.
Cadeva Pantelleria avamposto italiano nel Mediterraneo. Roma subiva un
violento bombardamento. Giunse poi la notizia, era una mattina del luglio, degli
sbarchi in Sicilia operati dalle forze dell’ottava armata britannica e della prima
americana.
Dal giorno fatale di Caporetto mai lo straniero in armi aveva calcato il suolo
della Patria.
Caporetto era stato il segno d’allarme per il popolo italiano che, direttamente
minacciato dallo spettro pangermanista, si era unito in un solo blocco per
difendere la democrazia e la Patria.
Il miracolo del Piave e di Vittorio Veneto non poteva ora ripetersi in una Italia
dove un’oligarchia abbietta ed insolente per 20 anni aveva fatto strame delle
aspirazioni e delle necessità popolari.
Il fascismo, come ogni dittatura nella storia, aveva portato il popolo alla guerra,
alla catastrofe ed alla invasione straniera.
Alla data degli sbarchi in Sicilia bisogna fermarsi per segnare la tremenda
responsabilità del regime fascista.
E tanto più bisogna segnarla in quanto ancora la propaganda neo fascista
(piazzaiola o pseudo storicamente acritica che sia) e della “destra nazionale”,
sulla falsariga della propaganda hitleriana a suo tempo contro la repubblica di
Weimar, insiste sulla tesi del tradimento e della pugnalata alla schiena alle forze
combattenti.
Propaganda di sciagurati sostenitori di un regime che, dopo tutte le vanterie, i
falsi trionfi, le caricature di un potenziale bellico inadeguato, non seppe e non
poté dare alle forze armate italiane un equipaggiamento tale da poter
contrapporsi al formidabile congegno delle tanto disprezzate imbelli democrazie!
La leggenda, che sorse già “nel bastone e la carota”di Mussolini, si alimenta
oggi negli studi tipici del Canevari e del Trizzini.
Sta di fatto che sia il popolo che i reduci sanno come realmente si condussero le
cose.
E sta poi di fatto che una dittatura eretta sul sangue, sul tradimento e sulla frode,
non ha alcun diritto di pretendere che un popolo si sacrifichi, secondo le direttive
della stessa dittatura, per salvare ad essa i privilegi di casta oligarchica sotto il
pretesto che il territorio nazionale fosse stato invaso.
In questa congiuntura un popolo, degno veramente del suo nome e del suo
avvenire, ha a sé davanti un’unica soluzione: abbattere le dittatura causa unica e
determinante dei suoi mali e cercare attraverso la propria azione diretta di sanare

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