Page 82 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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I patrioti francesi, belgi, olandesi, norvegesi si affratellano coi combattenti della
libertà di Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia e Unione Sovietica.
Davanti al patibolo, nel vivo della lotta, matura il senso della coscienza europea
di libertà e democrazia contro i quali invano il despota nazista leva la mannaia
sterminatrice.
La resistenza europea si alimenta dell’esempio e del sacrificio degli eroi, si
anima al fiato delle grandi speranze sociali e democratiche che permearono di sé
tutto il secolo XIX e diedero impeto di assalto per il progresso mondiale verso la
pace e la concordia fra i popoli.
Prima ancora di cadere sotto i colpi ripetuti della resistenza antifascista italiana,
il fascismo commette un altro delitto.
Non bastava avere schierato l’Italia sul fronte della Francia, ultimo oltraggio alla
memoria dei caduti del Risorgimento nazionale, occorreva ancora che il fascismo
esercitasse la mansione di carnefice dei popoli nell’opera di repressione del
movimento partigiano che si sviluppava nei territori occupati, per concessione
tedesca, in Jugoslavia e in Grecia.
E i morti italiani caduti in questa guerriglia sono veramente per l’Italia quelli da
maggiormente compiangere e lacrimare.
Mandati a combattere e a morire per una causa del tutto opposta a quella che
animava i mille di Marsala, i soldati italiani, anche in questo compito affidato
loro dal nazifascismo, seppero quasi sempre mantenere quel contegno umano e
generoso per cui nostro popolo è tanto apprezzato nel consesso civile delle
nazioni.
Nessun artificio di propaganda, nessuna adulterazione della verità, potranno mai
cancellare dal volto sinistro della gerarchia fascista lo stigma sanguinoso che
caratterizza l’assassinio e il genocidio.
L’ottobre 1942 seguì l’inizio dell’ultima fase della guerra ed i tempi entro i quali
sarebbe maturata, per volontà di popolo, la catastrofe della gerarchia fascista.
Due anni di guerra avevano totalmente stremato l’Italia.
Le risorse materiali erano state dissipate, vuoti spaventosi si creavano nelle file
della gioventù.
Cremona e il suo territorio vivevano le stesse ore gravi e drammatiche della
nazione.
L’economia provinciale, sotto la pressione degli organi di controllo (UPSEA,
Sepral, Co.Pro.Ma., ecc.) versava in gravi condizioni.
L’allontanamento di molte braccia dall’agricoltura aveva risolto, non le alte
punte dei concorsi “in vitro” della “Battaglia del grano”, ma le medie comuni di
produzione.
Le bardature di guerra, se da un lato servivano a contrarre il consumo quotidiano
della popolazione, non servivano ad impedire le “fughe” dei prodotti da
speculatori ad altri speculatori. La miseria diveniva cronica per i basi salari non
adeguati al costo della vita ed ancor più ai listini di bora nera dei prodotti e dei
generi contingentati.
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