Page 81 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Non soltanto nella condotta militare e politica della guerra, ma nella
intromissione minuta e capillare in tutte le attività del Paese.
La gerarchia fascista, attraverso la stampa e gli atti quotidiani di governo, rivela
il suo completo assoggettamento al nazismo, la sua cupidigia di essere il servo
zelante del dominatore tedesco.
Dall’alleanza col tradizionale nemico d’Italia (è di questi tempi la proscrizione
del “Piave” che ricorda la disfatta delle orde germaniche) la gerarchia fascista
passa all’abiezione dei bassi servizi resi al padrone. Il fascismo rivela così la sua
reale essenza. Non amor di Patria lo anima, non il prestigio della Nazione lo
guida. Ma la soggezione al più forte. Anche in questo campo, sia pure del più
stretto nazionalismo, il fascismo dà a sé stesso e alla sua pseudo dottrina la più
solenne e sanguinosa delle smentite.
La primavera del ’41 è dunque una stagione euforica per la gerarchia fascista.
La sua persuasione di essere sulla strada della vittoria finale la porta ad un altro
colpo di testa che si traduce in un crimine verso il popolo i cui figli andranno a
dissanguarsi nelle nevi della Russia per fare onore allo slogan mussoliniano
“perché ci sia oggi la marcia su Mosca occorreva che ci fosse la marcia su
Roma”.
La C.S.I.R. e più tardi l’Armir, con carri armati di latta e divisioni appiedate,
vengono così inviati alla sconfitta ed alla distruzione.
Passava, intanto, il 1941. Tramontate le speranze della guerra lampo anche
nell’Oriente europeo dove le armate sovietiche e i partigiani tenevano duro
contro gli attacchi delle armate motorizzate e dei gruppi corazzati germanici, gli
alti e bassi delle speranze della gerarchia fascista si fermarono sulla
stabilizzazione del fronte.
Supponendo che l’Occidente, rappresentato dall’Inghilterra e dal nuovo
avversario, gli Stati Uniti d’America, stesse fermo, la gerarchia sperava che,
raggiunti agevolmente gli Urali, la Germania avrebbe consolidato il confine
orientale con l’inclusione dell’economia complementare della Polonia e della
Russia europea nell’orbita vitale del nuovo ordine.
Ma all’interno della fortezza, anche se essa era controllata e vigilata dalle SS e
dalle quinte colonne fasciste dei paesi asserviti, un nuovo e grande fattore di lotta
ed elemento di creazione era sorto: la resistenza europea.
La coscienza umana, sociale e nazionale dei popoli oppressi si destava, col
rombo lontano delle artiglierie degli eserciti liberatori in Russia e in Africa, col
fragore degli aerei che ogni notte, sempre più numerosi, partecipavano alla
battaglia per abbattere la Bastiglia nazista.
La resistenza europea, di cui quella italiana sarà degna figlia e vigorosa speranza,
si presenta ormai come elemento determinante della grande battaglia contro la
tirannide fascista.
Fumavano le ciminiere dei campi di sterminio nazisti, rintronavano per tutta
Europa le scariche dei plotoni di esecuzione, ma la resistenza europea si fa più
tenace e formidabile.

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