Page 77 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
P. 77
Il popolo italiano non fu consultato e non si tennero nel debito conto i suoi
permanenti interessi superiori alle fazioni e alle divisioni ideologiche. C’è
dell’altro.
Impelagato senza sua colpa e peccato in una guerra non sentita, contraria alle sue
aspirazioni, alle sue tradizioni, al suo avvenire, in una guerra perduta in partenza
per la superiorità tecnica e materiale degli avversari, il popolo italiano
naturalmente era pienamente libero, al momento opportuno, di dichiarare la
propria volontà di porre fine all’inutile strage.
Cadono, a questo punto, tutte le illazioni sbandierate, in questi ultimi tempi, dai
cosiddetti nostalgici che osano accusare di tradimento e di lesa patria gli uomini
che giustamente ritennero che il popolo italiano non fosse legato ad alcun
impegno, che il popolo italiano potesse uscire dalla stolta e nefasta alleanza, che
il popolo italiano ritenesse la guerra inutile e contraria ai suoi stessi interessi
permanenti.
Questi uomini, gli esuli all’estero e in patria, agirono dunque in modo conforme
alla loro coscienza e agli ideali immortali del Risorgimento italiano, opponendosi
alla guerra fascista, rovesciando alla fine il nefasto regime autore della più
rovinosa catastrofe che mai fosse caduta sul nostro paese.
C’è di più. La guerra fu dichiarata dal fascismo passando sopra gli interessi del
popolo, fu condotta dal fascismo con l’evidente disprezzo dei diritti della nazione
trattata come una mandria di schiavi da inviare al macello e ai lavori forzati, fu
perduta dal fascismo per la sua stolta presunzione ed incapacità.
E i nostalgici osano, ora, con la faccia di bronzo, rimproverare alla democrazia e
rimbrottare al popolo italiano da essa guidato, la legittima insurrezione contro la
dittatura, il capovolgimento dell’alleanza da una supina acquiescenza al padrone
tedesco al passaggio nel campo dei popoli liberi ove si combatteva, sia pure tra
errori e reticenze, per la libertà e l’accordo fra i popoli.
E’ ben vero che questi sostenitori della tesi fascista, questi vili aggressori del
popolo italiano non torneranno mai più alla ribalta politica della storia.
Essi si sono, in questo dopoguerra, affacciati al proscenio come numero di
varietà, così come si presentano al pubblico l’ingoiatore di spade spuntate e il
selvaggio che si nutre di carne cruda.
Sono, però fuori dal movimento della storia italiana.
Essa li ha ributtati ai margini, così come, negli anni del Risorgimento spazzò
davanti a sé i detriti austro-estensi-borbonici.
Dopo questa breve e necessaria digressione torniamo all’assunto principale.
Si diceva che il giugno-luglio 1940 fu un periodo ancora propizio alla gerarchia
fascista; capitolazione della Francia, avanzata in Africa su Sidi-El-Barrani,
occupazione del Somaliland britannico, inizio della “ coventrizzazione “
dell’Inghilterra con relativa minaccia di sbarco tedesco nell’isola.
I commentatori politici alla radio (non era ancora venuta la farsa della” voce-
ombra” )blateravano i commenti col tono littorio imitato dal grande capo. Nei
caffè centrali della città gli avventori dovevano alzarsi alla lettura del bollettino
77