Page 76 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Era come portare acqua al mare. Per qualche ora di vacanza e di subbuglio gli
scolaretti delle scuole medie cittadine sarebbero stati disposti a “dimostrare” per
un mese di fila.
La cittadinanza assisté così alle sfilate di lunghissimi cortei di bambinetti e di
giovinetti che recavano i cartelloni, predisposti all’O.N.B. colle scritte “Dio
stramaledica l’Inghilterra” e poi con “Nizza”, “Corsica”, “Gibuti”, e “molti
nemici molto onore”.
Caratteristica della stoltezza e della bassezza d’animo fascista fu la
manifestazione per la caduta della Francia.
In questo settore l’azione dell’Italia, a dir poco, era stata marginale e il
comportamento politico del governo colla dichiarazione di guerra a un paese
ormai vinto appariva agli occhi dei più come un atto di cruda viltà.
Il popolo italiano ragiona anche per sentimento.
Nonostante i dissapori con lo Stato francese, esso è sempre stato legato al popolo
francese, per la suggestività della sua storia, per il ricordo della grande
rivoluzione, per il sangue sparso assieme in un recente passato sui campi di
battaglia contro l’invasore tedesco.
La democrazia radicale cremonese, poi, come tutta la democrazia italiana
dell’alta Italia, aveva sempre sentito fortemente i legami e i richiami alla
fraternità italo francese.
Quando, perciò, in quel piovoso vespero di giugno del ’40, alcune automobili del
PNF., con altoparlanti a bordo, si misero a scorrazzare per la città sbandierando
la vittoria teutonica sul popolo di Francia, parve che un gelo improvviso cadesse
sul cuore dei democratici.
La caduta della Francia, la folgorante conclusione della guerra di aggressione
significavano il ribadimento dei ceppi ai piedi dei popoli in schiavitù,
significavano il trionfo dell’egemonia nazista, vale a dire della più orrenda forma
di schiavismo in tutta l’Europa.
La gerarchia invece nel giugno e nel luglio 1940 vide il rifiorire delle speranze e
provò l’evidente sollievo dei fiancheggiatori e degli opportunisti.
Giova, a questo punto, aprire una premessa.
Nella mentalità dei nazionalisti (specie quando questi, come è il più delle volte,
identificano la nazione con i loro individuali interessi ) non esiste, di per sé, una
guerra ingiusta.
I piccoli macchiavelli ritengono soltanto ingiusta una guerra che termina con la
sconfitta.
Per la democrazia una guerra di aggressione ad altri popoli che vivono in pace,
per imporre loro un “ diktat “ materiale e morale, è una guerra ingiusta contro la
quale il popolo può e deve protestare.
Né, d’altra parte, si deve dimenticare che la guerra di aggressione all’Europa fu
voluta dal fascismo per i suoi interessi di casta.

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