Page 75 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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oscuramento, le maschere antigas ( una per fabbricato ) e i rifugi contro le bombe
costituiti dai semplici voltoni delle cantine.
Ora si stava per entrare in pieno nella conflagrazione mondiale, anche se il genio
del capo aveva atteso il momento che, nella sua lungimiranza, gli pareva più
opportuno: invasione del Belgio e dell’Olanda, pugnalata alla schiena della
Francia prostrata e ferita dalla irruzione dei “ panzer “ oltre la Maginot intatta.
Il regime aveva fatto i suoi calcoli tattici, trascurando completamente quelli
strategici di durata, di estensione, di carattere ideologico della guerra.
Aveva così, a cuor leggero, compromesso le sorti future del paese per stolte
ambizioni e per stabilizzare il suo malfermo equilibrio sulla preda bellica da
presentare al popolo alla fine della facile guerra.
La “drole de guerre” dei facili profeti tipo Maurizio Claremoris, o Canevari,
critico militare del locale “ Regime Fascista “, doveva, a distanza, trasformarsi
nella “sale guerre” imposta al popolo con risultati disastrosi per il suo avvenire.
Questa la dialettica della dittatura che, per affermarsi al potere, aveva bisogno
della guerra per risolvere i problemi gravi che si presentavano al paese.
Motivo di preoccupazione per il regime era la prudente riserva di taluni ambienti
dello Stato Maggiore, che toccavano con mano l’impreparazione e la mancanza
di materiale delle truppe che si mandavano allo sbaraglio, la riserva della corona
che aveva lasciato che il Comando Generale dell’Esercito fosse preso dal “duce
del fascismo primo maresciallo dell’Impero”.
In sostanza le forze del colpo di stato che avevano permesso e facilitato
l’avvento della dittatura divenivano ora quasi sospette al fascismo come possibili
coautrici di un altro colpo di forza ai danni, questa volta, dei complici del tempo
passato.
La freddezza dell’accoglienza fatta dal popolo alla notizia della dichiarazione
delle ostilità, anche se essa era stata preceduta dal tambureggiante fragore
propagandistico sulle vittorie dell'“asse”, aveva sgradevolmente colpito la
gerarchia, che aveva la sensazione dell’isolamento nelle responsabilità e in una
eventuale catastrofe.
La gerarchia corse dunque ai ripari. Poco tempo avanti la dichiarazione di guerra
a Cremona era stata ordinata una manifestazione di solidarietà con l’alleato
tedesco.
Un alto gerarca nazista di Hannover ( la città degli scambi culturali ), il ministro
di stato Esser, era qui venuto e, in un comizio, tenuto assieme al socio Farinacci,
aveva inneggiato, in un italiano molto approssimativo e gutturale, alle comuni
fortune dell’Asse e della guerra.
La manifestazione, se non altro, aveva avuto il carattere della novità come
presentazione di oratori salvo che, tranne la lingue; i discorsi erano intonati alla
stessa linea.
Nel tentativo di galvanizzare l’opinione pubblica, piuttosto depressa come stato
d’animo generale, si cercò di avvalersi dell’ausilio delle manifestazioni
studentesche.

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