Page 68 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Vediamo perciò come sorse e si sviluppò nella provincia il fenomeno della nuova
opposizione al fascismo.
Della generazione democratica del periodo 1919-1922 relativamente scarsi erano
coloro che, asseragliatisi nella cittadella della loro coscienza, dignitosamente si
erano tenuti in disparte, agendo talvolta in senso democratico.
I professionisti si erano ritirati nei loro studi, i militanti dei ceti operai
attendevano al loro lavoro tenendo fermo nella coscienza il vincolo contratto
tanti anni prima con l’ideale della gioventù.
Potenzialmente i vecchi quadri della democrazia, cautamente usi alle discussioni
clandestine, non erano completamente all’altezza degli eventi che si
approssimavano.
Sorgeva però una nuovo generazione quella nata, all’incirca, negli anni appena
antecedenti la guerra mondiale.
Il fascismo, cosiddetto movimento di gioventù, si era preoccupato grandemente
di dare un orientamento preciso a quella generazione, che si apriva alla vita negli
anni del regime. Il metodo da esso usato era però tutt’altro che idoneo a far
breccia tra i giovani: servizio premilitare, imbottimento di crani attraverso le
lezioni di mistica fascista e di cultura militare, irreggimentazione coatta dai
balilla fino ai Gruppi Universitari Fascisti.
Questi metodi erano ostici alla massa dei giovani e per la coazione e per la
perdita di tempo determinata da una serie di seccature senza fine originate dalla
obbligatoria iscrizione alle molteplici organizzazioni.
C’erano poi “i primi della classe”, gli zelanti, i littori, gli scribacchini dei
settimanali del GUF, i carrieristi lividi talvolta spie dei colleghi, che rendevano
ancor più esosa la vita della gioventù coatta in una non sentita disciplina.
Oltre al metodo, i principi. L’esaltazione di miti nazionali sotto i quali
trasparentemente si intravedevano gli interessi dei ceti capitalistici, non era tale
da soddisfare le aspirazioni della gioventù d’Italia che vedeva davanti a sé chiari
e precisi i problemi di studio, di lavoro, di esistenza futura.
D’altra parte essa intuiva il ruolo che le si voleva affidare: non di protagonista
della evoluzione del paese, ma di forza bruta da impiegare secondo piani precisi
della dittatura.
La gioventù italiana, in cui oscuramente bulicavano altri fermenti, si ribellava
sordamente ai compiti cui il regime voleva che essa attendesse.
Di tale suo stato d’animo testimoniavano e la passiva partecipazione alle
iniziative del regime e il senso di scetticismo che si diffondeva ognora di più e
che talvolta esplodeva in manifestazioni non conformistiche rispetto al fascismo.
Sotto questo riguardo la situazione non era diversa anche nella provincia di
Cremona.
I carrieristi lavoravano al “palazzo della rivoluzione”, nella redazione di
“Regime fascista”, rompevano i timpani ai giovani colleghi con circolari del
“direttorio del GUF” o con ramanzine nel sinedrio della commissione di
disciplina.

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