Page 64 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
P. 64

I segretari di fasci nei comuni, i fiduciari rionali, i funzionari sindacali e tutti i
funzionari degli enti e delle organizzazioni fasciste erano immessi nei lori posti
unicamente pel grado di soggezione di cui davano prova nei confronti del
massimo capo provinciale.
Il fenomeno del duce che tutto vede, sa ed opera si inquadrava sul terreno
provinciale nella figura del capo locale.
Lavori pubblici, destinazione di pubblico denaro, innovazioni in ogni campo
passavano sotto gli occhi dell’alta gerarchia che provvedeva di sua iniziativa ed a
suo insindacabile giudizio.
L’immobilismo politico si faceva perciò morbo paralizzante di ogni iniziativa,
sottoposta all’accettazione e magari alla “decima” da parte della gerarchia
dirigente.
Nel blocco monolitico della nazione fascista Cremona veniva a rappresentare la
punta di avanguardia, la punta di diamante dell’estremismo conformista.
Ciò per gli atteggiamenti grotteschi e oltranzisti di “Regime fascista”, l’organo
del fascismo farinacciano, o per le proposizioni “avanzistiche” della gerarchia.
A parte la categoria dei funzionari di partito, legati ad esso o dalle propine di
carica o dagli emolumenti derivanti da pingui imprese ottenute per influenza
politica, esisteva in provincia lo strato della consorteria agraria e speculativa che
appoggiava il fascismo e permetteva ad esso di agire indisturbato e senza
controllo.
Lo slogan dei manifesti (italiani ricordate! I treni non viaggiavano in orario)
valeva per questa gente a ricordare i tempi burrascosi in cui i contadini e gli
operai osavano chiedere una diminuzione del profitto accumulato sul loro sudore
e lavoro.
Questa gente non dimenticava perciò il beneficio, ed era disposta a sostenere il
regime finché questi fosse in grado di tutelare gli interessi capitalistici.
L’orpello populista di “andiamo verso il popolo”, di “assalto al latifondo”, di
equiparare gli interessi dei lavoratori a quello dei datori di lavoro era compreso
dai ceti abbienti per la sua effettiva sostanza.
Una lustra cioè destinata a patinare di venature o aspirazioni sociali l’effettiva
scorza della dittatura della classe padronale.
I grossi agrari, i grandi speculatori, gli industriali appoggiavano perciò in
provincia il fascismo perché in esso vedevano la traduzione in termini politici dei
loro interessi.
Questi ceti rappresentavano la vera forza su cui il fascismo si sostenne per questi
anni.
Intervenivano i fattori più sopra accennati per rendere il resto della popolazione
inerte ai problemi di avvenire e di moralità civile e sociale.
Un corpo sociale oppresso, intorpidito dalla sfrenata campagna propagandistica,
non reso cosciente delle sue forze innate doveva, forzatamente, soggiacere alla
politica di oppressione operata attraverso mille forme.
Il fascismo cremonese opera dunque come lento veleno nell’organismo

                                       64
   59   60   61   62   63   64   65   66   67   68   69