Page 47 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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di riuscire nel loro obiettivo.
Gradualmente, perciò, nel giro di pochi mesi il movimento fascista depose la
spoglia giacobina e, mantenendo come paravento l’etichetta patriottica
nazionale, operò la sua trasformazione in strumento di oppressione di classe
rivelando la sua vera essenza di fenomeno reazionario.
Tentativi di allargamento democratico nel settore industriale avevano impaurito i
grandi monopolisti, le agitazioni e le conquiste sociali contadine avevano
ridestato nel ceto agrario possidente i vecchi livori maturatisi in quarant’anni di
azione popolare, la nuova categoria degli arricchiti di guerra temeva i mutamenti
ed una legislazione sui profitti di guerra.
Tutte queste categorie, appoggiate sordamente dalle forze del colpo di Stato
annidate nei gangli della burocrazia e nel sottosuolo borbonico del vecchio
regime, diedero ala alla speranza del fascismo e lo appoggiarono nella sua azione
antidemocratica.
Queste forze oscure esistevano anche nella provincia di Cremona. Certo
agrarismo (non la classe agraria nel suo complesso) aveva strenuamente lottato
contro le rivendicazioni popolari; aveva ceduto, stringendo i denti, ma sempre
sperando di ritornare sui suoi passi. Le agitazioni dei sindacati di classe nel dopo
guerra e le avvisaglie del movimento popolare cattolico preludenti alla
“occupazione delle cascine” e alla soluzione codificata più tardi nel “lodo
Bianchi”, avevano aguzzato a ferro bianco i suoi risentimenti e le sue occulte
aspirazioni.
L’industrialismo del pari temeva di perdere, nella trasformazione dell’apparato di
guerra, gli utili derivantigli dal blocco dei salari del periodo bellico.
Esisteva poi anche a Cremona una tradizione burocratica reazionaria che risaliva,
oltre ai tempi di Bava Beccaris, al 1894 con l’azione crispina di repressione
antidemocratica.
Tutte queste forze diedero impulso alla sorgente reazione.
Il fascismo reclutava nelle sue file gran parte degli elementi ingenui, patriottici o
nazionalistici cui già abbiamo accennato. Ma reclutava anche opportunisti di
ogni genere, transfughi di base dei ceti popolari, sotto proletariato pronto a
vendere dignità e coscienza per un tozzo di pane. In questa base eterogenea non
mancavano i criminali veri e propri, tecnici dell’aggressione, sparafucile pronti a
fare fuoco quando si sentissero coperte le spalle da omertà e protezionismi.
Anche il fascismo dalle provincie emiliane di Val Padana dilagava apertamente
verso la provincia di Cremona, accendendo i fuochi degli incendi nelle
Cooperative e nelle Leghe, devastate e rapinate, tra gli agguati sanguinosi e le
aggressioni.
La tattica fascista in provincia era ispirata a due forme. L’una, d’intimidazione
personale rivolta, colle aggressioni e colla minaccia della disoccupazione e della
fame, a demolire le coscienze libere e democratiche.
Quest’opera di sopraffazione comprendeva anche l’eliminazione sanguinosa dei
dirigenti avversari per indebolire ognor più la forza dei democratici.

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