Page 43 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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per assestare un colpo alle forze popolari e democratiche dell'intera provincia.
Gli interventisti del “ piede a casa” si occupavano a tempo perso di pseudo
congiure antipatriottiche e davano ala alle velleità reazionarie, compiendo anche
un'opera vile di delazione sulle amministrazioni popolari e sui privati cittadini.
I soldati lavoratori tornando a casa nelle brevi licenze fra l'una e l'altra delle
sanguinose battaglie del Carso e del Piave, avevano sotto gli occhi questo triste
spettacolo.
Nelle soste delle dure battaglie essi meditavano l'avvenire chiedendosi: perché
l'Italia, perché la Patria non doveva essere a tutti i suoi figli madre amorosa e
cara?
Il suono festoso delle campane di S. Giusto annunziante la vittoria sembrava
annuire alle aspirazioni dei democratici italiani.
Vedremo come queste furono terribilmente deluse.

           DALL'APOGEO ALL'ECLISSI FASCISTA IN PROVINCIA

I problemi che il primo dopo guerra poneva alla nazione italiana erano difficili e
gravi non però insolubili.
Affrontati sul terreno della democrazia , nella concordia degli animi, nella
sincerità delle intenzioni, sarebbero stati risolti con soddisfazione e con
ripercussioni favorevoli sull'avvenire del popolo.
Come si era vinta la guerra sul terreno militare si sarebbe potuto vincere la pace
su quello degli accordi internazionali e della democrazia.
Il regolamento, su basi etniche, del confine settentrionale ed orientale del paese
in accordo coi popoli confinanti e concessioni coloniali da parte delle potenze
occidentali, come compenso ad una moderata politica delle rivendicazioni in
Europa, avrebbero degnamente chiuso il ciclo risorgimentale unitario e posto la
sordina alle trombe imperialistiche dei nazionalisti nostrani.
L'adempimento delle promesse democratiche fatte dal Governo di unità
nazionale ai lavoratori in grigio verde e relative alle assegnazioni di terre e al
controllo sui grandi monopoli industriali avrebbe introdotto i lavoratori nella
cittadella contesa dell'economia facendoli parte interessata, e perciò diligente, nel
ciclo produttivo della nazione.
Una grande apertura democratica, basata sul suffragio universale e sullo
smantellamento dei superstiti privilegi di casta connaturati alla ossatura
monarchica dello stato, con la conseguente convocazione di una Assemblea
Costituente, avrebbe potuto immettere il popolo sul binario del progresso con
incalcolabili vantaggi per l'avvenire e colla eliminazione del pericolo di un
ritorno reazionario, quale invece avvenne a mezzo del fascismo.
Ma di fronte al dilemma se innovare o perdere la nazione i gruppi antinazionali,
le cricche segrete, i ceti detentori del capitale e dei mezzi di controllo della vita

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