Page 248 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Si calcola inoltre che 2500 o 3000 tedeschi, coi quali si veniva ad accordi,
vennero instradati, con bandiere bianche in testa, sulle strade che portavano
lontano dalla città.
Si distinse in quest’attività il comandante della Caserma Giuseppe Marabotti, già
soldato nell’altra guerra e pratico a parlamentare con i “mucc”.
Agli ufficiali più restii ad abbandonare le armi, si faceva credere che ci fossero
nelle vicinanze migliaia di partigiani armati fino ai denti pronti a “farli fuori”.
Non sempre, però, le azioni terminavano con questi mezzi.
Spesso le mitraglie cantavano fra le muraglie e le siepi e le pallottole dei
moschetti e dei mitra fischiavano negli orecchi dei bravi volontari della libertà.
Qualche reparto tedesco, inferocito per la disfatta, voleva aprirsi la strada con la
forza delle armi.
Avvenne allora il tragico fatto di guerra di Bagnara. Qui, nei pressi della scuola,
si era asserragliato un nucleo di vigili del fuoco di Cremona. Questo aveva
costituito un posto di blocco diretto ad arrestare l’afflusso dei nemici dal Po
verso la città.
Per due giorni il nucleo resistette accanitamente ai tentativi germanici di ripetuti
sfondamenti. Fu finalmente sopraffatto da un numeroso distaccamento.
Barbaramente il comandante tedesco ordinò che i vigili, caduti prigionieri,
fossero fucilati. Caddero così falciati dalla mitraglia, davanti alle scuole, 6
giovani cremonesi animati da fervente patriottismo. Sono i “Martiri di Bagnara”.
(La ricostruzione storica della strage dimostrò che i vigili vennero catturati
mentre svolgevano, da patrioti, servizio di raccolta latte, non spararono e furono
uccisi dai tedeschi a freddo, ndc).
Ma i patrioti di Cremona non si limitavano alla difesa della città. Incitati da un
forte spirito combattivo e dall’entusiasmo della liberazione, a nuclei, si
diramavano a pattugliare le vie di campagna vicine a Cremona, o vigilando da
presso la ritirata delle truppe nemiche o intervenendo con decisione là dove
sbandati e saccardi tedeschi si davano ad azioni di rapina o di violenza nei
cascinali e nelle case isolate per depredare il bestiame o arnesi domestici.
Dalla città, per queste azioni, partivano automezzi carichi di partigiani al canto di
inni patriottici. Per esseri più rapidi ad intervenire nell’azione patrioti stavano sul
predellino con l’arma spianata.
Spesso, al ritorno, gli automezzi recavano i corpi insanguinati degli eroi caduti in
combattimento. Così Carlo Signorini, valoroso comandante di S.A.P. delle “
Brigate Matteotti “; Giorgio Stringhini, della “ Brigata Giustizia e Libertà “ e
molti altri.
La battaglia dei “traghetti” infuriava dunque da Pizzighettone e da Crotta d’Adda
ad Ostiano e Isola Dovarese, da Spinadesco a Casalmaggiore, sull'Adda,
sull'Oglio e sul Po.
A Casalmaggiore avvenne un ben duro combattimento.

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