Page 243 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Pervaso invece dall’entusiasmo della lotta e convinto, forse inconsciamente,
della necessità politica gravante sull’Italia di dare agli alleati un’ultima prova
della sua volontà di resurrezione, esso si lanciò nella battaglia. Con ciò
affrontava con le sue formazioni partigiane, inesperte al fuoco e accresciute nel
numero da tutta la gioventù volenterosa della provincia, le bande di veterani
tedeschi, armati fino ai denti, che si ritiravano minacciose fermandosi ogni tanto
come bestie feroci che si rinselvano a far fronte ai nemici che da ogni parte le
assalivano.
In talune occasioni, di fronte al prevalere delle forze germaniche in ritirata, il
Movimento di Liberazione dovette venire a patti con esse.
Sempre però alla condizione che essi avrebbero rispettato gli abitati per i quali
passavano e avrebbero deposto l’armamento pesante.
Col defluire dei reparti germanici, battuti sul fronte o in ritirata dalle guarnigioni
dove si erano mantenuti fino all’ultimo, sorgeva spontaneo il parallelismo fra il
1945 e il 1848.
Anche cento anni prima il popolo cremonese si era trovato nella stessa situazione
del 1945.
Le colonne austriache in ritirata venivano a patti con le città insorte; munite di
guide e di salvacondotti si ritiravano verso le sicure fortificazioni del
quadrilatero.
Allora, quasi agli albori del Risorgimento, non esisteva però un movimento
partigiano vero e proprio avente organizzazione ed esercitante influenza sulle
masse del popolo in città e in campagna, ancora estranee al movimento
nazionale.
Nel ’48 non fu perciò possibile la distruzione, ad opere di bande di insorti,
dell’esercito austriaco che si ritirava come sempre ferito.
Nel 1945 tutto il popolo italiano era compreso della necessità storica della lotta e
in essa si immise senza pensare ai sacrifici gravi cui andava incontro.
L’unità di tutti i ceti produttivi del paese, fatta eccezione per una trascurabile
minoranza di traditori e di attendisti, permise e diede forma alla lotta partigiana
per l’annientamento dell’invasore.
Il problema si presentava grave e denso di incognite al popolo cremonese per la
stessa conformazione del territorio provinciale.
I presidi tedeschi di guarnigione sulle Alpi defluivano verso la pianura
piemontese e lombarda. Le guarnigioni poste sugli Appennini e i reparti in
ritirata dal fronte meridionale dell’Emilia affluivano verso i traghetti del Po per
raggiungere la pianura veneta e quindi i valichi alpini.
La rottura del fronte tedesco fra il mare e Ferrara verso il Veneto, con punte degli
alleati avanzanti in direzione del basso Mantovano, spingeva i reparti tedeschi a
cercar scampo ai traghetti del Po fra Casalmaggiore e Cremona.
La via di Piacenza, che portava direttamente alla metropoli lombarda, era
bloccata per i tedeschi dalle formazioni partigiane che scendevano

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