Page 246 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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partigiane per fare di essa un punto di concentramento dei reparti tedeschi
defluenti.
Mancata l’occasione, che si era presentata, di occupare il Trecchi con un colpo di
mano possibile nelle prime ore del 26 aprile per la scarsissima consistenza del
presidio, le forze della liberazione non avrebbero potuto superare la resistenza
dei reparti tedeschi, asserragliati nella zona e con possibilità di continui rinforzi
dalla “Gran Guardia” sistemata al traghetto del Po e alle Colonie Padane, se non
a costo di gravi perdite anche e soprattutto fra la popolazione civile.
Di ciò e massimamente dei rischi della cittadinanza pacifica, si preoccupò
Monsignor Giovanni Cazzani, Arcivescovo di Cremona.
Monsignor Cazzani, in periodo repubblichino, si era dimostrato prelato
coraggioso nel difendere i minacciati e i perseguitati dal fascismo. Aveva levata
la sua ferma voce contro il tentativo di “scisma” organizzato da Farinacci attorno
al giornale “Crociata Italica”.
Per suo intervento il 27 aprile ebbe luogo in Palazzo Vescovile un incontro fra il
rappresentante del C.L.N. avv. Rizzi e il delegato del C.V.L. Ottorino Frassi da
una parte e il colonnello germanico Gager dall’altra. La riunione si tenne in una
sala al piano superiore.
Mons. Cazzani, narra un testimone oculare, era seduto su di una poltrona. I due
rappresentanti della Liberazione stavano a fianco in piedi.
Entrò il colonnello germanico ancora ripieno di boria soldatesca. Fece atto di
prendere una sedia e di sedersi poco a poco. Mons. Cazzani, con un semplice
gesto, lo tenne in piedi quasi confuso e irritato.
Il suo non era un atto di scortesia, ma il gesto di un patriota misto al senso della
dignità che ricopriva.
Il dibattito sul grave argomento cominciò serrato e concitato. Al colonnello
Gager, evidentemente, bruciava di dover trattare, su basi di eguaglianza con i
rappresentanti in borghese dei “partisanen” tanto aborriti. Scattò, a un certo
punto, in aspre espressioni di guerra e sterminio. Severamente lo riprese mons.
Cazzani ricordandogli il destino comune a tutti gli uomini. Finalmente, in
concreto, si stabilì (e le parti s’impegnarono solennemente) che la tregua d’armi
sarebbe continuata finché il comando tedesco non avesse deciso di allontanarsi
dalla città.
Per due giorni ancora si assistette al paradosso che al centro della città esisteva
un nucleo armato germanico, con linea di sentinelle, che restava neutrale mentre,
magari a pochi metri (come narra il testimone oculare Carlo Granata), i patrioti
disarmavano un ufficiale tedesco che cercava di raggiungere il comando stesso.
Dalla sera del 26 aprile il passaggio del Po, attraverso il traghetto delle “Colonie
Padane” e in altre località, veniva compiuto da numerosi reparti di truppa in
ritirata.
Echeggiavano sordamente, in lontananza, raffiche di mitraglia e il cupo latrato di
qualche pezzo anticarro e antiaereo.
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