Page 247 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Alla periferia cittadina risuonavano scariche di moschetti con le quali nuclei di
patrioti rinserravano i “cecchini” nazi-fascisti o rendevano la vita difficile ai
piccoli reparti nemici in transito.
L’atmosfera era grave, anche se l’entusiasmo della popolazione risorta a libertà
era tale da confondere assieme, in una saga eroica, pericolose gesta e
prorompenti manifestazioni di letizia per l’avvenuta liberazione.
In quelle ore serali venne al C.L.N. e al Comando C.V.L. riuniti assieme, una
delegazione di alti ufficiali germanici che chiedevano il passaggio delle loro
truppe attraverso la città.
Erano, probabilmente, residui della divisione frantumata, qualche giorno prima,
sulla riva piacentina uniti ad altri reparti raccoltisi nella zona.
Baldanzosamente gli ufficiali chiedevano di passare. Nella loro stessa richiesta
già però echeggiava l’ansia del dubbio. Se avessero saputo della non grande
consistenza delle forze partigiane a Cremona, indubbiamente, avrebbero tentato
di passare senza ulteriore perdita di tempo.
Di fronte ad un pericolo ignoto o non accertato, come costume del militarismo
germanico, recalcitravano e si ponevano sul chi vive.
L’accordo fu raggiunto. Le truppe tedesche, a piccoli scaglioni, sarebbero
defilate dal Po lungo le vie di circonvallazione lasciando il materiale pesante
sulla sponda piacentina.
A cura del Comandante Bianchi delle “Fiamme Verdi” venne redatta una carta
topografica con segnate le strade da percorrere.
Al posto di blocco partigiano di Via del Sale (sul ponte del Morbasco) avvennero
però scontri a fuoco con la cattura di numerosi prigionieri che venivano avviati
alla Caserma Manfredini.
I forti nuclei tedeschi, nella nottata, defluirono lungo la circonvallazione diretti
verso la strada di Bergamo.
Passo passo però, mentre s’inoltravano nella provincia stanchi e demoralizzati,
erano sempre più molestati ai fianchi da consistenti formazioni di patrioti.
I ritardatari erano disarmati e fatti prigionieri. Tutto ciò accusava il disordine e lo
sbandamento. Così a Soresina e Castelleone grossi nuclei erano fatti prigionieri,
con la cattura di notevoli quantitativi di armi.
La zona periferica della città fra il Po, Porta Romana e San Sigismondo, era
pattugliata e guardata in quei giorni da nuclei partigiani facenti parte delle
formazioni accasermate alla Caserma San Giorgio (circa 500 uomini). Un
importante posto di blocco partigiano, difeso da mitraglie, era posto in prossimità
della chiesa di San Rocco.
Defluivano anche per queste vie di arroccamento reparti tedeschi e soldati isolati
che avevano varcato il Po, in vicinanza delle località indicate, con mezzi di
fortuna.
La “Caserma del Diavolo” contenne fino a 600 prigionieri tedeschi che furono
consegnati agli alleati, ed oltre 200 repubblichini passati poi al campo della
Paolini.

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