Page 232 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Vescovato, 40 ad Ostiano, 150 brigate nere nel distaccamento speciale di
Voltido, ecc.
Se i fascisti avessero voluto resistere ad oltranza molto sangue sarebbe stato
sparso durante la liberazione della città.
I “repubblichini però, e lo dimostrava la fuga disordinata e caotica di quei giorni,
avevano perso (se mai l’avevano avuta) ogni volontà di morire per la “causa”. Si
preoccupavano, come dimostravano i loro tentativi presso banche cittadine, di
avere a disposizione alcuni milioni perché i capi avessero un viatico in denaro
sui dubitosi tramiti della fuga.
La mattina del 26 il C.L.N. di Cremona era ancora una volta riunito in casa di
Gino Rossini in Piazza Castello.
La discussione fu interrotta da una telefonata. Il “capo della provincia”,
Vincenzo Ortalli, aveva chiesto a Mons. Cazzani, arcivescovo della città, che lo
si mettesse in comunicazione con rappresentanti del C.L.N.
Il Comando Militare, aggregato in quelle ore al C.L.N., delegò a rappresentarlo il
tenente Ottorino Frassi, commissario delle Brigate.
Questi, immediatamente, si recò al Palazzo Vescovile ove era fissato
l’appuntamento.
Qui si trovava un Colonnello della G.N.R. che doveva accompagnare alla
Prefettura fascista la delegazione del C.L.N. composta da Ennio Zelioli, Ottorino
Rizzi e dal già citato Ottorino Frassi. Nelle sale e nei corridoi del palazzo di Via
Vittorio Emanuele regnava una certa animazione. Gruppi di ufficiali della
G.N.R. e delle brigate nere stazionavano chiacchierando sommessamente.
La delegazione fu subito introdotta nell’ufficio del “capo della provincia”
fascista.
L’Avv. Vincenzo Ortalli deteneva da qualche mese, ufficialmente, nelle sue
mani la somma dei poteri politici e militari, così come un decreto della
repubblica di Salò aveva stabilito. Formalmente lo stesso Farinacci doveva
seguire le sue direttive così come il 20° Comando Militare Fascista.
Ortalli, in quel mattino del 26, aveva ben compreso la situazione. Le truppe
alleate avanzavano ormai a raggiera procedendo ovunque con punte corazzate.
Le unità tedesche ripiegavano ovunque in disordine; sacche di resistenza fascista
non sarebbero servite a nulla.
L’insurrezione era già vittoriosa a Genova, Torino e Milano.
Era finita per il fascismo!
Agli uomini del fascismo non restava che la via dell’accordo con quegli
avversari che, fino al giorno prima, essi trattavano da fuorilegge e da banditi.
La discussione, fondata su questi elementi di fatto e sulla persuasione dei
rappresentanti della Resistenza cremonese che essi non potevano che richiedere
la resa senza condizioni, si svolse rapidamente e con una certa qual formale
cortesia.
Fu interrotta da due incidenti.

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