Page 228 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Quella sera, nella sede del “Regime Fascista”, ad una commissione di operai che
gli chiedeva della situazione, preoccupata della sorte futura dello stabilimento
tipografico, che forse dai tedeschi o dagli esasperati fascisti poteva essere
distrutto, egli parlò chiaramente.
Disse che la situazione fascista era ormai disperata; diede disposizioni perché del
milione e più lire depositate nella cassa del giornale, una parte servisse a pagare
una mensilità agli addetti. Trattenne il resto per la sua fuga imminente.
Fatto ciò si trasferì nel suo studio. Qui, per mesi, per anni, aveva con una
perseveranza degna di più nobile causa, speso la sua attività a scrivere feroci
articoli contro avversari vinti ed a studiare i mezzi onde arrivare a posizioni di
maggior rilievo.
In questo studio egli scrisse l’articoletto “ai cremonesi” che comparve il giorno
seguente, ultimo giorno di vita dello sporco libello, su “ Regime Fascista “.
Sostanzialmente l’articolo era un appello ai cremonesi perché, nell’eventualità
della fuga fascista ormai stabilita, si astenessero da atti di ostilità contro i fascisti
rimasti e le loro famiglie.
Conscio dei metodi fascisti di rappresaglia contro le famiglie dei patrioti, egli
riteneva che i suoi avversari fossero della stessa natura morale dei fascisti e che
si vendicassero dei soprusi subiti da tante persone incolpevoli.
Lo scritto di Farinacci comparve alla stampa la mattina del 25 aprile.
Il Comitato di Liberazione, dopo una breve riunione nel pomeriggio del 24, si era
aggiornato al giorno successivo, il 25 aprile.
Gino Rossini, il futuro sindaco di Cremona, quel mattino aveva letto il giornale.
Uscendo di casa trovò l’on. Guido Miglioli il quale, ricatturato dopo una
parentesi di vita alla macchia, viveva presso la famiglia della sorella e poteva,
sotto la vigilanza di un agente, andare in giro per la città.
Guido Miglioli convenne con Rossini che la situazione per i fascisti volgeva
ormai alla catastrofe.
Qui, assieme al nobile sentimento di evitare alla città stragi o spargimento di
sangue, agiva nel subcosciente l’imponderabile desiderio d’estrinsecazione del
lato melodrammatico della psicologia di Miglioli.
Quando egli era stato ricatturato dai lanzi della politica repubblichina, fra lui e
Farinacci c’era stato un colloquio. Le uniche tracce di esso sono in un corsivo
dello stesso Farinacci, pubblicato sul “Regime” verso i primi mesi del ’45, il cui
contenuto è diametralmente opposto al racconto che dell’incontro faceva
Miglioli agli amici che lo visitavano o che incontrava per caso.
Comunque sia Miglioli, di sua iniziativa, prese su di sé l’incarico di chiedere un
colloquio a Farinacci onde stabilire un accordo circa il passaggio dei poteri. Gino
Rossini, naturalmente, avanzò l’obiezione che il C.L.N. nulla sapeva e che era
necessario che quest’organo deliberasse in proposito. Dello stesso parere fu
Ottorino Rizzi, che era sopravvenuto in quel momento.
Il Comitato di Liberazione si riunì quella mattina, alle ore 11, in una sala
dell’Associazione Mutilati in Via Beltrami.

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