Page 231 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Nella zona la SAP garibaldina, rafforzata da elementi patriottici che erano
arruolati nell’esercito repubblichino e che avevano disertato con armi e bagagli
da qualche giorno, entrò in azione con decisione e sprezzo del pericolo. Essa
iniziò tutta una serie di colpi di mano e di attacchi nell’ampia zona compresa fra
via Altobello Melone, via Giordano e via del Sale. Ma anche le altre squadre
patriottiche erano in movimento.
Nella mattinata la SAP di Porta Po compiva un colpo di mano alla caserma della
Polizia sistemata in Via Colletta, davanti al Distretto Militare. Un considerevole
bottino in armi pesanti e munizionamento veniva così ad arricchire l’armamento
dei patrioti. La SAP si spostava poi, per ragioni tattiche, lungo l’argine del
Morbasco attendendo l’ora dell’attacco.
La SAP dei ferrovieri matteottini qualche sera prima aveva compiuto, guidata dal
bravo Carlo Granata, un colpo di mano contro un nucleo fascista sistemato nel
ricovero dei vecchi a Castelverde.
I fascisti si erano arresi consegnando il materiale, fra cui due mitragliatrici
pesanti Breda, moschetti, munizioni, bombe a mano.
Con infinite precauzioni le armi pesanti, smontate, furono introdotte in città. Una
mitragliatrice andò a finire nella zona di San Michele, ove, nei giorni di lotta,
tenne sotto il suo fuoco i tedeschi che cercavano di passare. L’altra venne
conservata dalla SAP che si sistemò a prima difesa negli edifici della stazione
ferroviaria.
Dal Comando delle Garibaldi, sistemato in casa di Carlo Granata in Via dei
Platani, partivano le staffette per la mobilitazione dei nuclei dipendenti dalle
Brigate stesse.
Anche “Giustizia e Libertà” e “Fiamme Verdi” provvedevano alla mobilitazione
dei loro elementi insurrezionali.
In quel momento, dai dati delle formazioni e dei nuclei esistenti (fra cui notevole
la SAP Matteotti della Ditta Cavalli e Poli, dotata da tempo di armi automatiche),
si calcola che i patrioti in città potevano contare su seicento o settecento uomini.
Senza dubbio elementi insurrezionali si sarebbero, come avvenne, uniti al nucleo
iniziale. Ma i difetti e limiti “militari” propri delle formazioni clandestine, cui si
è già accennato in precedenza, avrebbero costituito un handicap serio nella lotta,
non tanto contro i fascisti quanto contro i tedeschi, fortemente armati e veterani
di centinaia di scontri in agglomerati urbani.
Occorreva, perciò, attendere anche i rinforzi dalla provincia. Confronto alle
nostre, le forze avversarie erano imponenti. A Cremona il comando germanico
disponeva di 150-200 uomini della Feldgendarmeria senza contare, naturalmente,
in questi giorni l’afflusso continuo di truppe in ritirata. C’era la brigata nera
“Augusto Felisari” con centinaia di militi, la G.N.R., le SS italiane e un
distaccamento di SS germaniche.
Nella zona cremonese, nei centri maggiori, esistevano presidi tedeschi e fascisti
che celermente avrebbero potuto accorrere in città: 60 tedeschi a Piadena, 50 a

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