Page 227 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
P. 227

dei prossimi avvenimenti. Il bollettino di guerra alleato del fronte meridionale
dava per imminente la liberazione di Mantova.
Uno strato di opinione pubblica, su cui forse aveva fatto breccia la truculenta
campagna di Farinacci e dei fascisti disposti, a parole, a difendere con le unghie
e con i denti la pianura padana, temeva che costoro mettessero in atto i loro
propositi ribaldi. O, quantomeno, che prima di partire procedessero ad azioni di
rappresaglia sui tranquilli cittadini.
I truculenti propositi, le orripilanti divise, gli ambulanti arsenali delle brigate
nere, avevano fatto impressione su certi strati i quali non pensavano che,
vigliaccamente forti coi deboli, i fascisti si sarebbero eclissati al primo comparire
di un fazzoletto partigiano e al rombo lontano di una jeep alleata.
Sta il fatto che i più attenti osservatori in quelle ore poterono accorgersi che,
anche ora come al tempo del delitto Matteotti e del 25 luglio, molti distintivi
metallici col fascio repubblicano scomparivano dagli occhielli delle giacche.
Non si vedevano più in giro neanche le famose “ausiliarie”. E i “sacerdoti di
Don Calcagno” si erano messi in abito secolare.
Nessuna sicura notizia (data la scomparsa di tutti gli atti sia dei principali
organismi repubblichini che dei maggiori dirigenti del locale movimento) è
possibile avere circa la progettazione dei piani di lotta o di resistenza fascista in
città.
Data però la direzione presa dai primi fuggiaschi verso le montagne del
bresciano, e quella della fuga posteriore del Farinacci, è possibile ritenere che
l’unico piano adottato, se non realizzato, dal fascismo repubblichino cremonese,
fu quello di una fuga generale (conforme alle tradizioni storiche del movimento)
verso la zona montuosa.
Anche in questa tentata fuga i fascisti rimasero “vittime” della loro stessa
propaganda. A forza di dire e di ripetere che i partigiani erano stati schiacciati e
che altri non ne sarebbero sorti, si persuasero candidamente che in realtà fosse
così.
Nella loro fuga caddero perciò dalla padella nella brace ed andarono ad offrirsi,
fuggendo come un branco di stambecchi, al piombo della giustizia partigiana
scesa dai monti e sorta in pianura dalle tombe dei gloriosi caduti.
Indubbiamente ci furono in giornata “Consigli di guerra” fra il neo-gruppo
dirigente fascista (Farinacci, Ortalli, Milillo ed alcuni altri) e il “Comando
Militare Provinciale”. I tedeschi, così come avvenne a Dongo con Mussolini, si
tennero in disparte.
Dopo aver spremuto il tradizionale limone dei loro alleati, si disinteressavano
della loro sorte occupandosi unicamente della, anche per loro, non troppo felice
situazione.
Roberto Farinacci, al corrente della situazione, aveva da parecchio tempo
compreso che la sorte era segnata. Come tratto alla voragine da una forza
superiore governante gli elementi, aveva persistito fino all’ultimo.

                                      227
   222   223   224   225   226   227   228   229   230   231   232