Page 229 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Oggetto primo all’ordine del giorno le trattative con Farinacci.
Emilio Zanoni, già in separata sede di partito, aveva espresso a Rossini
l’intempestività del passo che, oltre a fare apparire la resistenza come disposta a
compromessi, era in assoluto contrasto con le disposizioni date dal CLNAI. Ai
nazi-fascisti non doveva essere lasciata altra scelta che la “resa senza
condizioni”. O non era la parola d’ordine lanciata agli avversari “arrendersi o
perire“?
Il problema venne ampiamente e a lungo discusso in sede di C.L.N.
I rappresentanti del P.S.I.U.P., del P.C.I., del P.D.A., sostennero la tesi che
l’unica condizione da porre ai fascisti era la “resa incondizionata”, anche gli altri
partiti convennero che altra onorevole soluzione non era possibile se non
l'imporre quella drastica condizione.
A Guido Miglioli, che non aveva ancora ottenuto di parlare con Farinacci, venne
comunicata quella delibera: Il C.L.N. accettava solo dai fascisti la resa senza
condizioni alle forze della resistenza.
Il colloquio, egualmente tenuto fra Miglioli e Farinacci, non ha perciò altro
sapore che quello di una melodrammatica pagina di storia romanzata, vergata
dall’impressionabile (seppur grande sotto certi aspetti) ex deputato di Soresina.
La seduta del C.L.N. si aggiornò al pomeriggio del 25 aprile nello studio di
Calatroni in via Bertesi.
Superato brevemente lo scoglio del “pour parler” coi fascisti, con una
informazione sul colloquio Farinacci-Miglioli fatta da Rossini, si passò a
discutere di cose ben più importanti.
I lavori del C.L.N. si concentrarono sulla preparazione dell’insurrezione in città.
Giungevano le prime notizie, incerte e confuse, che già in talune zone della
provincia i partigiani e i patrioti erano passati all’offensiva.
In città l’insurrezione doveva mirare all’eliminazione dei centri di resistenza
fascista, all’occupazione degli uffici pubblici, alla liberazione dei detenuti
politici nelle carceri, alla successiva instaurazione del nuovo potere ed
all’applicazione delle norme del C.L.N.A.I. nei confronti dei fascisti dichiarati
“criminali di guerra e comuni”.
Restava il problema dei tedeschi di stanza nella città.
Salvo il ricordato appostamento dei mortai in Piazza Sant’Agata, essi non
avevano preso particolari misure d’emergenza.
C’era la sensazione che essi, finché non fossero direttamente assaliti, si
sarebbero disinteressati della sorte dei loro alleati.
Il C.L.N. senza indugio decise l’insurrezione generale della città per l’indomani,
26 aprile, alle ore 14. L’avviso, oltre che a mezzo delle staffette alle SAP
partigiane già in allarme e armate, doveva essere dato alla popolazione dal suono
simultaneo a martello delle campane delle chiese cittadine.
Il C.L.N. in via Bertesi agiva già allo scoperto, quasi liberamente.
Affluivano da ogni parte staffette, membri del comando militare, rappresentanti
dei partiti politici.
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