Page 211 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Le privazioni, il freddo, i cibi scarsi e disgustosi, la paura fisica e morale
incidevano sui dati di mortalità della popolazione, specie di quella in età matura.
Nell’invernata ’45 la media giornaliera dei decessi, che normalmente non supera
le 4 o 5 unità, raggiunse le dieci o dodici unità.
I vecchi già ricoverati negli ospizi, per far luogo alle formazioni brigantesche
erano stati gettati sulla strada. Per le privazioni e la miseria morivano di stenti,
così era per gli ammalati di tubercolosi e di altre gravi malattie.
Il saccheggio della provincia, ad opera degli uffici di guerra fascisti a
disposizione dei tedeschi, continuava indisturbato e crescente.
Gli uffici della “Cerealicola” stabilivano le norme dei quantitativi di generi da
consegnare; gli uffici di requisizione procedevano senza tregua ad inventariare il
bestiame bovino ed equino da consegnare ai tedeschi. Dopo la liberazione si
vide, per chiare note e dalle statistiche della locale Camera di Commercio, come
fosse depauperato il patrimonio zootecnico provinciale nei confronti delle annate
agrarie antecedenti alla guerra.
Ciò per i prodotti agricoli ma la stessa cosa va detta per gli altri generi attinenti
alla produzione industriale. La maggior parte e la migliore venivano trattenute
per usi bellici dei nazifascisti.
Sulla minore quantità di prodotti lasciati dalle requisizioni al libero commercio
continuava in questo periodo l’attività antisociale della borsa nera, con prezzi che
andavano gradatamente salendo alle stelle.
A ciò si aggiungano le depredazioni compiute dagli scherani isolati delle brigate
nere e dai locali gerarchetti in gara per arricchirsi e per riempirsi l’epa a spese
della comunità.
Il durissimo clima di restrizioni, di repressioni, di coprifuoco, di rapine, di
intimidazioni, si colorava poi dell’ulteriore timore per i continui mitragliamenti.
A Cremona il popolare rione di Borgo Loreto, le case popolari e quelle dei
mutilati di guerra sul viale Po, e nell’ultimo periodo le case povere di Piazza
Marconi, venivano abbondantemente spezzonati da aerei alleati. “Pippo“, il
solito velivolo anglo-americano in ricognizione, batteva instancabilmente per i
cieli della città e della provincia divenendo un’immagine caratteristica di quel
fosco periodo.
Il fascismo repubblichino emanava intanto altre norme restrittive che
gradatamente, se già non lo era, avrebbero trasformato la città in un vero e
proprio ergastolo.
Per “disciplina di guerra” gli alberghi si trasformavano in “mense di guerra” a
prezzo unico e con lista stabilita. Era vietata la somministrazione di carne. Tutti
gli italiani venivano così ad essere considerati “vegetariani” d’ufficio, ad
eccezione naturalmente di quelle bestie carnivore che, nelle mense dei ministeri e
in quelle tedesche e delle brigate nere, potevano cibarsi con tenere bistecche o
morbide cotolette che gli altri “cittadini di seconda categoria” vedevano solo nei
sogni dell’immaginazione.

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