Page 208 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Le pattuglie della G.N.R. sorpresero nella zona, intenti al sabotaggio, due
partigiani armati delle Brigate Matteotti. Erano Angelo Dognini e Giovanni
Fossolo. Dognini aveva 21 anni, Fossolo 22.
Il Tribunale Militare fascista, presieduto da un torvo arnese poi condannato a 30
anni di prigione si riunì immediatamente e, per dare un “ esempio “, li condannò
a morte.
Erano due giovani; non avevano nello scontro, né ucciso né ferito. Ciononostante
le belve fasciste vollero infierire su di loro.
Tradotti in un campo presso Pizzighettone, furono esposti al fuoco del plotone.
Morirono da eroi gridando “ Viva l’Italia libera!”
Sangue generoso di giovani lavoratori a completare e rinnovare i martiri gloriosi
del 1^Risorgimento.
I fratelli Bandiera avevano i loro emuli e i loro continuatori.

           L’INVERNO 1945 APRE LE PORTE ALL’INSURREZIONE

L’inverno 1945, neve sui monti, grigiore ai piani e negli animi, segna l’ultima
fase preparatoria della insurrezione nazionale e l’inizio del tracollo nazifascista
che si va accentuando per chiari segni, fino a giungere all’ingloriosa disfatta
dell’aprile.
Naturalmente i faziosi persistono fino all’ultimo, trincerati nelle loro pseudo
posizioni ideologiche, abbarbicati alle loro speranze, impediti nell’attendismo dai
delitti commessi e dalle ruberie perpetrate.
D’altro canto la dialettica interna degli eventi e degli istituti è tale per cui gli
individui, nel particolare momento, non riescono più a dominare le situazioni e
vengono trascinati al loro destino come li porterà la corrente.
Per forza d’inerzia, per la volontà dei tedeschi, per cieca ostinazione degli
elementi più settari e criminali, la situazione della repubblichina apparentemente
si cristallizza mentre, all’interno, le forze centrifughe compiono il loro lavorio di
disgregazione.
Dal gennaio al marzo 1945 Cremona e provincia vivono un periodo di
organizzato terrorismo, con improvvise vampe di barbarie “scientificamente”
predisposte.
Ai tempi più oscuri della tirannide del basso impero uno scrittore di liberi sensi,
uscito indenne dalla bufera, diceva a chi l’interrogava sul come avesse passato il
tempo: “io vivevo”.
I cittadini cremonesi, oppressi dalla barbarie, tiranneggiati e perseguitati
dall’odio dei gerarchi nostrani, potevan dire la stessa cosa.
La città, mitragliate ripetutamente e quotidianamente le strade d’approccio,
interrotte le ferrovie, scarsi e malsicuri i veicoli, impedita a certe ore e giorni la
circolazione in bicicletta, si riduceva man mano ad una specie di zatterone della

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