Page 202 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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cadeva ucciso un prode partigiano: Alceste Ferrari della Brigata Garibaldi della
città.
L’azione, anche se infelice per risultati pratici, incusse un serio timore
nell’animo delle spie e dei traditori.
Un’altra azione, di particolare rilievo se fosse stata portata a termine, fu quella
organizzata per liberare i patrioti detenuti che dovevano essere trasferiti a
Bergamo.
Erano già appostati, in località propizia al colpo di mano sulla stradale di
Bergamo, i partigiani armati per dare l’assalto alle vetture quando, all’ultimo
momento, per notizie di incursioni aeree, il convoglio dei detenuti mutò tragitto
impedendo, in tal modo, per casuale fatalità, il compiersi dell’ordita azione.
Nel complesso, dunque, l’autunno del ’44 non era stato favorevole all’attività del
nostro movimento di liberazione. Più in generale i fascisti, rassicurati per
qualche tempo dalle stesse parole del Generale Alexander e galvanizzati, negli
strati inferiori, dalle speranze d’armi nuove, avevano rialzato la cresta. Usando
delle forze distolte da altri settori potevano dedicarsi alla repressione del
movimento patriottico. Si entra cioè in una fase che, se non è di depressione e di
attesa nel senso etimologico della parola, è però periodo di transizione fra
l’estate fiammeggiante di promesse e la primavera di resurrezione che sempre
appare inevitabile.
Per i fascisti meno prudenti o sagaci il dicembre ’44, addirittura, appare il mese
che prelude alla vittoria. Von Rundstedt scatena la sua limitata offensiva su
Bastogne che, nei sogni smanianti dei corifei del nazifascismo, dovrebbe portare
alla Manica e alla riconquista almeno della Francia Settentrionale. Mussolini,
ufficialmente se non in privato, lancia la parola dell’intransigenza “difenderemo
la valle padana, casa per casa, città per città”.
Ma eravamo quasi alla fine dell’offensiva e ciò dettava già qualche
preoccupazione: difendere la valle padana, va bene, dicono i fascisti, ma noi
dove andremo a rifugiarci?
Comunque, per quanto diminuita d’intensità e di frequenza, la lotta partigiana
continua poi senza tregua. Nelle città e nelle borgate popolose, addirittura, con il
rientro dalle basi montane di buon numero di sperimentati e valorosi partigiani,
la lotta assume aspetti e forme di particolare audacia, tali da incidere
sull’immaginazione del popolo e sulla tremebonda paura dei gerarchi
repubblichini minacciati nei loro più sicuri rifugi.
Nelle grandi città del nord i G.A.P. conducono a termine imprese rischiose
d’indubbia efficacia, assalti alle prigioni, con liberazione di patrioti, attacchi ai
“fasci” ed a depositi e caserme tedesche, incursioni armate nei cinema, con
lancio di manifestini e comizi volanti dal palcoscenico. I nazi-fascisti restano
allibiti per tanta audacia.
Ciò è possibile per il sostanziale appoggio che la popolazione dà al movimento
di liberazione che essa interpreta come suo legittimo rappresentante ed
espressione.

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