Page 198 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Parimenti vennero scelti, per ogni carica, sostituti o facenti vece in persona di
rappresentanti di partiti che non detenevano quella particolare carica. Così,
assieme al Prefetto del P.D.A. vennero eletti due vice, di cui l’uno liberale e
l’altro socialista.
Circa il secondo argomento discusso dal C.L.N. in questo periodo, vedremo in
seguito, particolareggiatamente, l’organizzazione del Corpo Volontari della
Libertà per la provincia di Cremona. In questa sede, per quanto attiene all’attività
ciellenista, basta ricordare che il C.L.N. in una riunione che tenne in un
magazzino di Via XI Febbraio unitamente ai comandanti delle formazioni
patriottiche facenti capo ai vari partiti, costituì il Comando Provinciale o di
Piazza dando il comando generale a un indipendente nominato dal P.C.I.;
nominò Commissario politico un partigiano iscritto al P.S.I.; vice comandante,
un iscritto al P.D.A.; Capo di Stato Maggiore un democristiano, ed Intendente un
iscritto al Partito Liberale.
Il terzo fondamentale argomento, trattato nel corso di più riunioni dal C.N.L., fu
quello relativo alla rinnovata attività poliziesca dei nazifascisti. Argomento che
incombeva talmente nella realtà che il CLN ad un certo punto dovette
interrompere l’attività per gli arresti in corso, tanti e tali che potevano
direttamente minacciare lo stesso Comitato e con esso travolgere tutta
l’organizzazione clandestina.
Si è già detto come, dopo l’immobilizzazione del fronte alleato a sud di Bologna,
la repubblichetta di Salò avesse ripreso, con maggiore forza rispetto all’estate, la
sua attività repressiva ed indagatrice.
E’ giocoforza, a questo punto, risalire indietro nel tempo e rimontare alle cause
che determinarono varie “cadute” di rami dell’organizzazione clandestina.
Fino ad un certo momento le varie “ polizie “ e corpi repressivi nazi-fascisti
avevano agito ferocemente e brutalmente sì, ma con scarsa sagacia e
preparazione. Una latente ostilità tra i vari corpi e i compartimenti stagni fra
l’uno e l’altro, dovuti anche al timore della presenza di “doppiogiochisti”
determinava una situazione nella quale i resistenti, in molti casi, avevano la
possibilità di evadere dalla maglia di vigilanza.
La direttiva nuova, sbandierata in un editto ducesco come cosa diversa rispetto ai
metodi brutali della banda Koch, metodi coraggiosamente svelati
dall’arcivescovo di Milano, verteva a creare un organismo di vigilanza e
repressione rappresentato dalla cosiddetta “Polizia Repubblicana”.
Un unico strumento, necessariamente con unità di condotta e d’intenti, che
poteva certamente infliggere colpi notevoli alle organizzazioni della resistenza.
Si aggiunga che chi fa sbaglia e che gli organizzatori della resistenza non erano
tali “padreterno” da saper provvedere o conoscere anzitempo le reazioni e le
mosse dell’avversario.
Si aggiunga inoltre la particolare conformazione e strutturazione del movimento
di resistenza in cui fra la massa idealisticamente legata al programma di

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