Page 200 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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perquisizioni e gli appostamenti, nessuno del movimento clandestino, in quella
occasione, cadde nella rete.
Qualche settimana dopo, ancora per un fatto casuale, il nuovo comandante delle
S.A.P. Matteotti, Angelo Maiori, venne riconosciuto da un individuo, sedicente
sbandato ma effettivo agente provocatore, che egli aveva accompagnato in un
rifugio in provincia. Il suo arresto, seguito da altri, determinò una nuova stasi
nella organizzazione militare con il venire meno dei collegamenti con i centri e
con i nuclei della provincia.
Intanto, saltuariamente, erano avvenuti anche altri arresti, seguiti da denunce al
Tribunale Speciale. Così nella zona di Vescovato era stato arrestato e verrà poi
tradotto a Bergamo nel carcere di Sant’Agata, Alessandro Cottarelli. Egli, nella
qualità di segretario comunale, forniva falsi documenti di riconoscimento ai
partigiani delle Matteotti e ai ricercati dalla polizia nazifascista in genere.
Anche il piccolo nucleo militare liberale, verso questo periodo, aveva subito le
sue peripezie con l’arresto ed il deferimento al Tribunale di Bergamo di Franco
Catalano. Il Partito Liberale di Cremona subirà, nell’invernata 44-45, un altro
colpo con l’arresto di giovani diffusori della stampa di propaganda e con quello
di Paolo Serini, membro del C.L.N., deferito egli pure al Tribunale Speciale di
Bergamo.
Nell’autunno del ’44 le autorità governative della “repubblica” e gli organi di
vigilanza erano particolarmente impensieriti per lo spesseggiare di colpi di mano
e per la crescente attività dei nuclei di resistenza. Ed in questo stesso periodo
poterono sperare di assestare un duro colpo all’avversario, da essi
particolarmente temuto cioè l’organizzazione militare del P.C.I. rappresentata
dalle “Brigate Garibaldi Ghinaglia”.
Un individuo, da oltre 6 mesi infiltratosi nella S.A.P. Ghinaglia di S.Ambrogio e
che talvolta fungeva da “corriere” fra Cremona e Milano, passò per denaro al
servizio dell’U.P.I. fascista.
Sua prima cura fu quella di denunciare gli elementi clandestini con i quali era
venuto particolarmente a contatto o di cui aveva sentito parlare. Fortunatamente
(com’era costume nel movimento clandestino) gli elementi della congiura si
chiamavano con pseudonimi o nomi convenzionali così che talvolta le ricerche
della polizia cadevano nel vuoto o brancolavano nell’incertezza.
Tipici, a questo riguardo, i “granchi” presi dalla polizia che, invece di porre le
armi sul “topo” (al secolo Giuseppe Gaeta segretario del P.C.I.) andò ad arrestare
un pacifico negoziante vescovatino, che aveva il cognome di Topa. O, ancora,
che invece di arrestare “Luciano” (ma all'anagrafe Arnaldo) Bera di Soresina,
ispettore di zona delle “Garibaldi”, mise le mani sull’avvocato Luciano Donarini,
sicuro antifascista ed espulso dal p.n.f. prima del 25 luglio, ma completamente
estraneo al particolare “affare” dell’organizzazione comunista.
Il qui pro quo era nato dal fatto che entrambi sembrava avessero lo stesso nome e
una rosseggiante capigliatura.

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