Page 201 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Senza queste particolari precauzioni gli arresti sarebbero stati ancora più
numerosi e più frequenti.
Cionostante in quell’occasione le rivelazioni di Rino Puerari furono
particolarmente utili alla questura e all’U.P.I., che riuscirono a porre le mani su
numerosi patrioti.
Tanto che il Comando delle “Ghinaglia” fu paralizzato per qualche tempo, parte
dei suoi componenti dovette darsi alla fuga, cercò di “sparire” e non tutti ci
riuscirono. Roberto Ferretti fuggì a Milano ma sarà casualmente riconosciuto su
di un tram da una spia dell’U.P.I. di Cremona e qui tradotto. Arnaldo e Guido
Uggeri ripararono nell’Oltrepò fra i partigiani della Brigata “Forni”. Giuseppe
Gaeta e “Luciano” Bera dovettero darsi alla clandestinità più completa (anche
Bera verrà presto catturato e tradotto a Bergamo, ndc).
Fu arrestato anche un altro membro del Comando Provinciale delle Brigate
Ghinaglia, Menotti Screm. Questi, tradotto alla sede della milizia, venne
aspramente percosso con fruste e bastoni. Nulla tuttavia rivelò, dotato com’era di
una forte tempra di risolutezza e di decisione.
Anche in Questura, nonostante i risibili tentativi di “ipnotizzazione” su di lui
sperimentati da un seviziatore, il Mafrice (che verrà fucilato nelle giornate
insurrezionali), egli nulla rivelò.
Militi e questurini battevano forte, perché in una sorpresa effettuata in un
deposito delle “Garibaldi” erano stati trovati documenti e denaro che mettevano
in relazione la formazione con taluni atti della attività partigiana avvenuti nella
provincia.
Tutti gli arrestati, in numero cospicuo, furono tradotti a Bergamo per essere
giudicati dal Tribunale Speciale che, ricostituito dopo il 25 luglio dai
repubblichini, si era colà spostato per ragioni di sicurezza.
I fatti esposti determinarono, in città e nell’ambiente clandestino,
congiuntamente alla ricordata fase di immobilizzazione del fronte meridionale e
di contraccolpi per i partigiani nelle zone montane costretti sulla difensiva,
un’atmosfera grave di preoccupazione.
Non di perplessità naturalmente circa gli obiettivi finali della lotta ma di
preoccupazione circa la riorganizzazione delle forze clandestine e la necessità di
una condotta più cauta finché si fosse allentata la vigilanza.
Finché durò la fase degli arresti e delle ricerche, gli organismi della resistenza,
attenti ad ogni fatto nuovo e sempre sul chi vive, attesero che passasse la bufera.
Contemporaneamente, però, al posto degli arrestati e di coloro che avevano
dovuto allontanarsi per sicurezza della organizzazione, subentrarono elementi
nuovi che si misero all’opera per ricongiungere i fili spezzati della trama.
L’organizzazione clandestina pensò, innanzitutto, a togliere di mezzo la spia
pericolosa che sfacciatamente si era messa al servizio dell’U.P.I. e che
rappresentava sempre un evidente pericolo per il movimento. Venne tentata
un’azione che sfortunatamente lasciò indenne il traditore mentre sul terreno
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