Page 194 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Lentamente, precedute da cani poliziotto, le colonne mongole tedesche salivano
su per i pendii. Tenevano loro bordone, cantando alla tedesca, i lanzichenecchi
della “decima” delle brigate nere.
I cremonesi del distaccamento “Pietro Selva”, già distintisi nell’azione di Cadeo
sulla via Emilia e nel tragico eccidio del Pian dei Guselli, si erano preparati
all’urto.
A Prato Barbieri i mongoli, favoriti dal maltempo e da un’intensa nebbia, dotati
di speciali equipaggiamenti per la neve che era caduta abbondante e protetti da
carri armati, assalivano di sorpresa, alle prime luci dell’alba il Mulino dove
aveva sede il distaccamento partigiano. A nulla valsero gli estremi atti di eroismo
dei partigiani, schiacciati da un’orda nemica troppo a loro superiore.
Ciononostante riuscirono, saltando dalle finestre a sfuggire ai nemici. Nella neve
alta un metro i 35 uomini raggiunsero, sparando, il Passo San Franco.
Con altri sbandati salirono sul monte Ragola, raggiunsero Cornolo ma, mentre
stavano per toccare Rampeggio caddero sotto il fuoco delle mitragliatrici dei
mongoli e dovettero arrendersi.
Venti partigiani, fra i quali i cremonesi Carlo Gilberti, Lorenzo Gastaldi,
Giovanni Canevari, Gino Spagnoli e Francesco Marzano, dovettero così iniziare
il loro grande martirio. Percossi, seviziati, affamati, spogliati, furono per tre
giorni in balia della brutalità nazista, finché il giorno 12 furono tradotti a Bettola,
sede del comando tedesco. Da qui un maresciallo tedesco li prelevò e li condusse
in un’insenatura nei pressi di Bramaiano e li finì, uno ad uno col colpo di pistola
alla nuca.
Gli eroi furono poi lasciati in mezzo alla neve orrendamente seviziati e solo dopo
alcuni giorni il parroco li scoprì e diede loro onorata sepoltura.
Fin qui la semplice cronaca tratta da una pubblicazione celebrativa del 1947.
E c’è forse bisogno di commento? I giovani eroi erano caduti per la patria e la
libertà.
Tra i “messaggi speciali” che radio Londra inviava alle formazioni partigiane per
annunciare i prossimi “aviolanci” uno ce n’era, ripetuto varie volte, che aveva
colpito l’attenzione degli ascoltatori: “la neve cade sui monti”. E questa neve,
idealmente raffigurante la lotta partigiana, questa volta si era arrossata del sangue
generoso dei partigiani cremonesi.

                       LA LOTTA PARTIGIANA SI ALLARGA
                       IN PROVINCIA NELL’AUTUNNO 1944

L’autunno 1944 è un po’ la stagione di sutura e di raccordo fra l’estate rossa dei
fuochi ribellistici ed insurrezionali e la fredda durissima invernata del 44-45 che
prelude, nei preparativi e nelle ultime repressioni, alla primavera del 1945.

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