Page 189 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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bresciana o bergamasca, quelli del restante territorio cremonese si dirigono per
contiguità di territorio verso il prossimo Appennino piacentino e parmense.
Un forte nucleo, il più notevole forse del volontariato cremonese fuori provincia,
si indirizza, invece, per il convogliamento della organizzazione verso il
Piemonte: alla Val Susa, alla Val di Lanzo e a quelle contermini.
Si è visto come, fin dal settembre del ’43, un primo “gruppo autonomo armato
cremonese” si fosse costituito nell’Appennino parmense. Esso si scioglieva dopo
poche settimane per la necessità di utilizzare gli elementi che ne facevano parte
sul terreno della lotta antifascista provinciale e perché, col trascorrere del tempo,
si era esaurita la missione prevista di accompagnamento e di salvataggio dei
prigionieri ex nemici.
Erano missioni che, anche quando di modeste proporzioni, servivano ad
incoraggiare i giovani e ad indicare la via da seguire.
Così pure si è accennato all’impresa del nucleo partigiano casalasco, fulcro di
una futura brigata, che nel dicembre 1943 sosteneva un duro rastrellamento nella
zona di Osacca sulla montagna parmense.
Radio Londra nella ultima trasmissione serale del 28 dicembre ne dava notizia in
questi termini: “comunichiamo che sulle montagne emiliane di Osacca, nel
mattino di Natale, un esiguo gruppo di 50 giovani, che datisi alla macchia
combattono il comune nemico, dopo aspra battaglia ha fugato le truppe
repubblichine salite in rastrellamento”.
Nella sostanza, il comunicato rispondeva al vero, ma con un errore di numero: in
20 e non in 50 erano i partigiani lassù ad Osacca, sede del loro “quartier
generale”.
Eppure il rastrellamento era stato preparato in grande stile e con segretezza dalla
80^ Legione nera di Parma con la cooperazione dei “Cacciatori degli
Appennini”.
Nessun preallarme giunse prima della Vigilia di Natale.
Lasciamo la parola al diario storico della Brigata casalasca:
“Attaccarono all’alba; bloccato il posto di avvistamento salivano lentamente per i
versanti della cresta incuneata fra Monte Santa Donna e il torrente Leno. Ci
avvertì una montanara…. Ci avvertì che erano in molti… sapevamo ormai ciò
che si doveva fare, combattere per difendere noi e il paese che ci ospitava;
combattere per dimostrare ai rastrellatori che i ribelli sapevano battersi;
sapevamo che, vincitori o vinti, dalla nostra battaglia sarebbe scaturita una
scintilla animatrice per gli indecisi che ancora sostavano al piano in attesa del
precipitare degli eventi.
Ci ponemmo a semicerchio ai piedi del paese con pochi moschetti, scarse
munizioni e una grande serenità, inconsci di ciò che realmente sarebbe potuto
accadere.
Era il nostro battesimo del fuoco...
Appostati a circa un chilometro da noi gli attaccanti iniziarono verso le ore nove
e trenta un fuoco infernale di armi automatiche...

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