Page 19 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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recluterà nelle sue file senza alcuna distinzione, cremonesi appartenenti a tutti i
rami della società italiana.
Anche se per disgraziata coincidenza di eventi l'auspicata liberazione dal giogo
straniero avviene per Cremona, come per tutta la Lombardia, ad oltre dieci anni
di distanza, i semi democratico- nazionale del 1848 e di tutto il periodo storico
anteriore ad esso, non vanno perduti.
L'11 giugno 1859 colla definitiva partenza da Cremona del Presidio Austriaco e
dei ritardatari dell'esercito asburgico sconfitto a Magenta, salutava un'era nuova e
poneva tutte le premesse per la definitiva affermazione del principio
democratico.
Incerti e dubbiosi erano i primi passi dei cremonesi sulla strada ubertosa della
libertà.
Il nemico straniero si accampava in armi a pochi chilometri dalla città
campeggiando sul confine dell'Oglio.
Il nemico interno era rappresentato dai campioni del vecchio ordine di cose e, più
che per se stesso, costituiva un pericolo per l'influenza che poteva esercitare
valendosi di idonee parole d'ordine, sulle masse immature suscettibili di agitarsi
alla presentazione di vecchi simboli ed ancora impermeabili alla dottrina liberale
che per loro non si rivestiva di concrete riforme tali da colpire la fuggevole
impressione e la loro, ben più importante, massa di interessi.
Una sana politica democratica, dettata dall'esigenza stessa di sopravvivenza e di
sviluppo del nuovo stato nazionale, doveva perciò tendere da un lato al
consolidamento dei principi attraverso un ben regolato sistema di democrazia,
dall'altro all'immissione nella cittadella democratica di sempre più vaste falangi
tali da consentire la sua difesa e da ridurre al minimo il margine di insicurezza
della democrazia italiana.
Dicevamo che i primi passi erano stati dubbiosi ed incerti. Ciò era dovuto a
sostanziali difetti di taluni istituti stessi senza alcuna garanzia di funzionamento,
ad ambienti nuovi e di economia diversa, alla burocrazia qui trapiantata
dell'antico Stato Sardo, al monopolio che la nuova classe politica dirigente
avrebbe voluto esercitare nell'ambito dello stato nuovo. In sostanza era il partito
monarchico costituzionale che tendeva ad avere l'esclusiva politica ed economica
contro il parere del liberale progressista, nell'opposizione tenace e strenua del
partito radicale e di quello repubblicano.
Le forze retrive, chiamiamo così non quelle fuori dello stato ma quelle che
all'interno volevano ritardare il progresso, costituirono quasi fino all'avvento
della sinistra parlamentare nel 1876, una remora non indifferente e un peso
tutt'altro che trascurabile per la evoluzione del nuovo stato.
Il ritardo da esso frapposto sul cammino del nuovo stato, nonostante i tentativi di
acceleramento posti in essere dal movimento più propriamente democratico, è
stato tale da compromettere seriamente nell'avvenire la modernizzazione dello
stato e da costituire , come le lacune e l'arretratezza in taluni settori della vita
italiana, un fattore non indifferente ed imponderabile per la sostanziale fragilità

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