Page 185 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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strabocchevole abbondanza di uomini e di mezzi che partì dalla Val Cannobina,
dalla pianura di Ornavasso, e dalle bocchette della Val Strona.
Inizia l’epopea della repubblica ossolana difesa in unità di intenti e di opere da
nuclei di Fiamme Verdi, di matteottini e di garibaldini.
Alfredo di Dio si trovava ad Onesco col colonnello A.Moneta, Comandante della
“Guardia Ossolana”. Trecento uomini partono all’attacco preceduti da Alfredo.
Alle Bocchette di Finero resiste un pugno di eroi che da tre giorni lotta sotto la
pioggia senza cibo e sparando le ultime cartucce.
I partigiani retrocedono per difendere sino all’ultimo le posizioni dalle quali è
possibile permettere ai reparti in ritirata di raggiungere la frontiera svizzera.
Nella stretta di Cannobina fino al costone della Torriglia: qui l’imboscata. I
fascisti, improvvisamente aprono il fuoco con le mitraglie.
E’ il 12 ottobre 1944. Sui corpi agonizzanti i soldati di Graziani, alla tedesca,
scaricano le pistole.
Alfredo di Dio raggiunge così nell’eternità della gloria il fratello Antonio.
Anche alla sua memoria venne conferita la medaglia d’oro al valor militare con
la seguente motivazione:
“ Ufficiale dell’Esercito in S.P.E. fin dal primo giorno della resistenza fu alla
testa del proprio reparto nell’accanita battaglia contro l’oppressore.
Organizzò i primi nuclei di partigiani e con magnifico ardimento li condusse
all’impari lotta attraverso una serie di audaci imprese.
Catturato dal nemico con sdegnosa fierezza subì duri interrogatori e, riuscito a
farsi liberare, temerariamente riprese il suo posto di combattimento partecipando
alle operazioni che attraverso lunghi mesi di sanguinosa lotta, portarono alla
conquista della Val d’Ossola.
In questo primo lembo d’Italia valorosamente conquistato resistette per 40 giorni
con i suoi uomini stremati, affamati, male armati, contro forze nemiche di
schiacciante superiorità, finché con le armi in pugno incontrò eroica morte alla
testa dei suoi partigiani”.
Continuando a trattare dei cremonesi volontari della libertà che agirono
isolatamente in reparti e formazioni fuori della provincia, si può affermare, senza
tema di smentita, che tutte le zone ove si combatté la lotta partigiana furono
bagnate dal generoso sangue dei figli del nostro popolo.
Anzitutto la bella figura di un altro ufficiale dell’esercito: il Generale di Brigata
Giuseppe Robolotti.
Il Generale Robolotti, già Comandante del presidio di Fiume, all’otto settembre
aveva ivi disposto la resistenza dei suoi reparti contro l’invasore tedesco.
Ultimata questa si era recato a Milano e qui si era messo a disposizione del
C.L.N.A.I. per l’organizzazione della resistenza.
Buon militare e cittadino valoroso era stato proposto al comando clandestino
della zona di Milano.
Cadde, per delazione di spie, nelle mani dei nazi-fascisti e fu a San Vittore ove
tenne alta la sua dignità resistendo alle lusinghe repubblichine.
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