Page 180 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Sono i vecchi gruppi di Giustizia e Libertà (socialisti e democratici radicali),
sono i nuclei di combattimento del Partito Comunista, sono i democratici
cristiani del vecchio filone del partito popolare, che salgono in montagna per
organizzare una più diffusa rete di resistenza e costituire il fulcro delle
formazioni.
Dall’incontro degli uni cogli altri (permarranno fino alla liberazione
specialmente in Piemonte anche “formazioni autonome” di ispirazione liberale
badogliana) nasceranno le prime unità partigiane politicizzate ed ispirate a una
tradizione schiettamente democratico-risorgimentale ed antifascista.
Benedetto Croce aveva dichiarato che la più grave iattura che poteva capitare al
paese era di dover desiderare la sconfitta per l’abbattimento della dittatura.
In questo senso non solo è giustificata ma ampiamente compresa la lotta che
l’antifascismo, cioè la democrazia, fece al fascismo approfittando di tutte le
contingenze anche difficili in cui questi veniva a trovarsi.
Era molto comodo per i fascisti identificare la loro causa (appoggiata alla
violenza e ai plebisciti fasulli) con quella permanente della nazione.
Nel momento più critico per la vita nazionale, da essi sostanzialmente
determinato, avrebbero dovuto almeno far onore alla massima mussoliniana:
“perisca anche la nostra fazione purché la patria sia salva”.
Questa massima, evidentemente, valeva però soltanto per manifestazioni di
parata; quando la nazione, ridotta agli estremi, ritenne di doversi svincolare da
coloro che l’avevano portata al precipizio, questi stessi fascisti perseverarono
nell’orrore e nel crimine.
Giustamente allora il popolo italiano, identificando in sé le sorti del paese, li
ributtò al margine ed agì con decisione contro la loro pervicacia e i loro
criminosi tentativi.
Col colpo di stato del 3 gennaio 1925, legalmente e razionalmente, il regime
fascista si era del resto già posto fuori dalla legge.
Esso governava contro il patto nazionale degli italiani; aveva portato il paese a
guerre disastrose senza il consenso e contro gli interessi del popolo. La guerra
fascista imposta al popolo non era guerra di popolo ma una iattura cui il fascismo
aveva portato la nazione.
La giustificazione della lotta fatta dalla democrazia al fascismo anche nel
periodo in cui questi si trovava in guerra è perciò basata su inoppugnabili dati, su
fondamenta giuridiche, sui principi stessi della democrazia e della nazionalità.
Per i vecchi antifascisti la lotta di liberazione nello storico biennio è la
continuazione di quella battaglia democratica contro la dittatura che si iniziò in
Italia nel lontano primo dopoguerra.
“Oggi in Spagna, domani in Italia”, aveva dichiarato nel 1936 Carlo Rosselli.
La tradizione antifascista dei vecchi combattenti per la libertà in Italia, in
Spagna, nell’esilio, nei penitenziari e davanti ai plotoni del ventennio fascista,
veniva ad inserirsi nell’alveo dell’opposizione sorta nel paese per i recenti
avvenimenti della guerra disastrosa e dell’invasione tedesca.

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