Page 174 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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decime e tenendosi ben lontani dagli abitati ove sanno che risiedono forti nuclei
di sbandati (“latini di mano più che di lingua” direbbe Manzoni).
I segretari e i podestà repubblichini cercano di barcamenarsi evitando di
disgustare troppo i cittadini.
Nel capoluogo, fra le parate funerarie e le commemorazioni dei camerati caduti
sotto il piombo partigiano, viene riesumata quella pallida larva giuridica che è il
Tribunale provinciale rivoluzionario o straordinario che sia.
Lo scarso clamore, anche propagandistico, che gli si fa attorno testimonia la
minima importanza e il niun rilievo che esso attingeva nella pubblica opinione,
più che convinta che, nella fattispecie, si trattava di un esautorato tribunale di
vendetta e rancori.
Vengono (in contumacia) giudicati e condannati a trent’anni di carcere l’ex
Prefetto badogliano Mario Trinchero e l’ex Questore Ugo Barbagallo. A
trent’anni viene pure condannato il Maggiore dell’Esercito Gaetano Maggiulli
che fu il più vicino collaboratore del Generale Florio durante i 45 giorni.
In una successiva seduta lo stesso tribunale condannava a 15 anni di reclusione
Don Mario Busti, direttore de ”L'Italia”, e a 10 anni Don Genesio Ferrari
direttore di “Vita Cattolica”.
Queste due condanne in particolare son dettate da risentimento farinacciano di
“lesa proprietà” perché nei 45 giorni “L’Italia” si era stabilita nei locali di
“Cremona Nuova”. Farinacci, anche se ha proceduto alla “socializzazione
dell’impresa” (virtualmente del resto sotto sequestro come profitto di regime)
sente profondamente la ferita al suo diritto e il tribunale, come è nelle
aspettative, condanna nelle forme citate.
A pochi giorni di distanza dai “processi” esce e viene pubblicata sui giornali
l’ordinanza del “Ministro della Giustizia” Pisenti, con la quale gli antifascisti
dichiarati, cioè quelli che non erano stati iscritti al p.n.f., vengono prosciolti da
ogni accusa e l’attività dei tribunali viene così sospesa.
Il già ricordato antifascista cremonese Giuseppe Speranzini, che era stato
arrestato mesi prima mentre tranquillamente passeggiava in città, “in ferie” dal
suo rifugio campestre, veniva prosciolto in istruttoria e rilasciato dopo sette mesi
di detenzione.
Dai vecchi fatti del 25 luglio l’attenzione si spostava a quelli del giorno, tanto
più gravi per la gerarchia fascista.
Anche nella provincia il terreno cominciava a scottare sotto i piedi dei
nazifascisti e l’atmosfera a rendersi gradatamente irrespirabile.
I nuclei patriottici della provincia, in questi mesi, si erano andati ancor più e
meglio organizzando.
L’addestramento dei mesi trascorsi, l’esperienza recata in loco da elementi
richiamati o inviati da altre province avevano contribuito al consolidamento e
alla combattività delle formazioni.
Gli ostacoli erano gravi, le deficienze numerose. Ma atti di sabotaggio e
“disarmi” avvengono un po’ dovunque ad opera dei gruppi patriottici.

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