Page 170 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Sugli Appennini e sulle Alpi le formazioni patriottiche, con l’arma in pugno,
tenevano testa alle armatissime unità germaniche antipartigiane. Difendevano
ampi territori dove la popolazione, concorde coi partigiani, dava a se stessa le
prime forme anticipatrici di governo democratico.
Nella pianura gli atti di sabotaggio ai trasporti, alle vie di comunicazione, i colpi
di mano contro depositi, caserme, aerodromi, stabilimenti, impianti industriali, si
moltiplicavano. Nelle città, talvolta e sempre più spesso, echeggiavano le
sparatorie vendicatrici e riparatrici dei patrioti contro i singoli aguzzini o
addirittura contro pattuglie e formazioni avversarie.
Primavera ed estate di sangue quelle del 1944 per la gioventù italiana! Ma anche
e soprattutto primavera ed estate di sacrifici e di gloria!
Ai colpi che il partigianesimo italiano, sempre più forte e più compatto, assesta
al nemico rispondono le tremende rappresaglie da quest’ultimo operate:
fucilazioni ed impiccagioni in massa, incendi, rovine, depredazioni.
La resistenza italiana (non è qui il caso di esemplificare) dà esempi mirabili di
sacrificio, di dedizione, di eroismo.
Rivivono nelle battaglie sulle Alpi e sugli Appennini, nelle carceri naziste,
davanti ai capestri e ai plotoni di esecuzione degli sgherri nazi-fascisti gli esempi
e gli eventi del primo Risorgimento.
Pisacane, Amatore Sciesa, Carlo Zima, Don Enrico Tazzoli, Carlo Montanari e
cento e cento altri martiri del primo Risorgimento non sono più figure da museo
o da libro di scuola, ma rivivono calmi, sereni e impassibili, nei nuovi caduti
dell’epopea resistenziale italiana; i fucilati dell’Arena, gli impiccati di Bassano, i
martirizzati di Piazzale Loreto, i componenti del C.L.N. di Torino, i bruciati vivi
di Marzabotto, rappresentano la nuova Italia che sorge dal martirio e che, in
faccia all’oppressore getta la sfida per l’avvenire.
Di fronte ad un simile rifiorire di speranza, di fronte a tale “valanga che sale” e
che minaccia di travolgerli, i nazi-fascisti tentano di organizzare la postrema
resistenza.
Abbiamo visto come, malati fino all’osso di retorica, i fascisti avessero talvolta
risfoderato vecchi temi e vecchissimi orpelli propri del ventennio. Ora (e la cosa
può interessare come studio di una mentalità e di un costume) i neo-repubblichini
cercano di adattare alla situazione schemi e orpelli propagandistici tratti…dalla
rivoluzione francese.
Per vent’anni “il capo” si era sfogato a riscavare e a risfoderare elementi
propagandistici di spuria o di banale “romanità” per orpellare il suo basso impero
di lacchezzi e di cineserie imperiali.
L’impero si era ora ridotto a una “repubblica sociale” di infinitesimali
proporzioni.
Ma al nome di “repubblica sociale”, sottratto alle candide utopie dei primi
internazionalisti e dei vecchi repubblicani di Romagna ed applicato per
sistematica inversione a uno staterello nazista sanguinario e bruttato di ogni mala
azione, dovevano anche corrispondere un frasario e uno schema rivoluzionario.
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