Page 167 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Ciò significava che l’ideale patriottico unitario del Risorgimento, anche se
sventuratamente obliterato e distorto durante il ventennio, risorgeva ora nelle
coscienze giovanili e si faceva concezione di resistenza a uno stato di polizia
eretto dai complici dell’invasore al solo scopo di proteggere i loro privilegi di
oligarchia.
La “repubblica” fascista, esasperata per l’atteggiamento della massa della
popolazione, passa dagli allettamenti ideologici e propagandistici alle più aperte
minacce.
Non solo coi bandi di richiamo per il servizio militare e per il servizio del lavoro
in Germania (nuova forma di schiavitù collettiva escogitata dalla necessità di
avere a buon prezzo mano d’opera specializzata o non). Vengono emanate pene
gravi, compresa quella di morte contro i renitenti e i disertori e, con arbitrio
degno dei più mostruosi tempi dell’età del ferro, si comminano pene e
rappresaglie contro i parenti di coloro che non hanno adempiuto o non vogliono
adempiere alle ordinanze precettive del regime.
Tutto ciò, si diceva, raggiunse l’effetto opposto a quello desiderato.
La maggior parte dei giovani, davanti al bivio di correre rischi oppure di andar
contro la loro coscienza e lo stato d’animo della comunità nazionale, preferì
correre l’alea gloriosa della vita partigiana o comunque i rischi quotidiani del
vivere alla macchia nelle vicinanze della casa o del villaggio nativo.
I bandi e i richiami dell’esercito repubblichino ebbero il sorprendente effetto di
determinare un grandioso afflusso di “reclute” alle formazioni patriottiche del
partigianato italiano.
Ben si intende che in questo senso operava anche la propaganda nazionale della
Resistenza e che gli inviti ai giovani perché accorressero sotto le bandiere della
libertà e dell’indipendenza correvano fra le mani della massa suscitando brividi
di emozione e ridestando negli animi l’afflato eroico del volontariato del primo
Risorgimento.
La Repubblica Sociale si trovava di fronte a questi due pericoli interni. Il primo
rappresentato dal suo sostanziale esautoramento e dal deflusso dei giovani verso
forme aperte di lotta. Il secondo rappresentato dall’aperta battaglia ingaggiata dai
partigiani sui monti contro le squadracce nazi-fasciste ovvero dall’azione
patriottica, di sabotaggio e di liquidazione degli elementi più faziosi, svolta al
piano dalle S.A.P. e dai gruppi Gappistici, ben risoluti e temprati alla lotta.
Si è già detto in precedenza che i 20 mesi di lotta clandestina non costituiscono
una “guerra civile” bensì una guerra di liberazione condotta dal popolo contro gli
invasori appoggiati da un pugno di traditori sbandieranti parole d’ordine
contrarie al legittimo governo, alla idealità e allo stato d’animo della comunità
nazionale.
Quando un popolo, fiero delle sue tradizioni, forte della sua unità, vede messa in
dubbio la sua stessa esistenza e vilipesi i diritti e le sue aspirazioni per opera di
un gruppo di traditori, appoggiati allo straniero, il suo primo dovere è quello di

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