Page 166 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
P. 166
Centinaia e centinaia di famiglie si allontanarono sfollando nei paesi della
provincia.
Migliaia e migliaia di persone, da quel mattino, presero a bivaccare di giorno e di
notte nelle campagne contermini attendendo altri bombardamenti.
Da sotto gli alberi della fiorente campagna, ogni poco, essi vedevano levarsi la
nebbia fumogena emessa talvolta dagli impianti della difesa antiaerea a tutela di
depositi o di concentramenti germanici.
La città, dalle prime ore dell’alba (i negozi si aprivano dalle 6 alle 8
antimeridiane) rimaneva spopolata e deserta, salvo nelle vie centrali e attorno
alla Piazza del Duomo ove folle di cittadini si stipavano nelle ore di allarme
ritenendo l’ombra del Torrazzo un rifugio sicuro.
Anche il grande ponte in ferro sul Po veniva distrutto con un poderoso e ben
centrato bombardamento.
Successivamente anche gli altri ponti sull’Oglio, sull’Adda e sul Serio venivano
distrutti.
Praticamente la provincia di Cremona, rotti i ponti e devastate le vie principali di
comunicazione, era isolata, o con collegamenti saltuari e di fortuna col resto del
territorio della “repubblica”.
Da questa sostanziale rottura di legami normali di traffico e dall’“ombrello
aereo” aperto dai cacciabombardieri, che per tutto il periodo successivo
cominceranno ad agire e a tenersi quasi costantemente nel cielo della provincia,
deriva la situazione caotica della provincia in ogni sua manifestazione ed attività.
Già in altri tempi, colle irruzioni e colle invasioni di eserciti nemici, il territorio
cremonese era apparso come abbandonato a sè stesso in completa balia dei primi
occupanti. Ora la situazione era forse ancor più grave che non nei tempi antichi.
Esposti alle incursioni dall’aria e a pericoli mortali, timorosi di persecuzioni
nella vita e negli averi da parte degli sgherri nazi-fascisti, i pacifici cittadini non
potevano non guardare con odio gli oppressori e con crescente simpatia invece
coloro che apertamente si ribellavano ai soprusi e si adoperavano perché tale
stato di fatti terminasse.
L’esistenza della repubblica fascista è ora, oltre che dagli eserciti alleati,
direttamente minacciata dall’azione partigiana che, in molte località, apertamente
assume carattere insurrezionale.
I bandi e i “richiami” operati dal cosiddetto “Ministero della Difesa” con la
minaccia (in molti casi sciaguratamente eseguita) di condanna a morte contro i
renitenti, lungi dal raggiungere l’obiettivo desiderato, avevano nella massa dei
giovani e della popolazione creato l’effetto opposto.
I giovani in maniera assoluta, non volevano saperne di affrontare rischi per una
causa che categoricamente non sentivano e che giudicavano contraria agli
interessi del popolo italiano.
La propaganda, le minacce, gli allettamenti di varia forma, trovavano di fronte il
muro della più assoluta resistenza.
166