Page 128 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Questo dunque il primo sforzo del fascismo repubblichino cremonese: preparare
carne da cannone per l’alleato germanico.
Secondariamente, dopo essersi data una struttura interna di fazione, colla
riorganizzazione dei “fasci” e delle organizzazioni dipendenti, il fascismo
procedè al rafforzamento ideologico e strutturale della graciletta repubblica di
Salò.
Il fondamento ideologico di questa, sfumata l’omertà colla monarchia, doveva
basarsi sul manifesto diciannovista opportunamente riverniciato. Così si presentò
alle assisi di Verona il 15 novembre 1943, nel manifesto omonimo
“repubblicano- socializzazionista” a sfondo anticlericaloide e imperialista.
Ci voleva proprio una impenetrabile faccia di bronzo, dopo vent’anni di aperta
collusione colla monarchia, col capitale più retrivo e con le più ibride forze
dell’oscurantismo, per presentarsi sul proscenio d’Italia annunciando un simile
programma “democratico e sociale”.
Ma i fascisti e i gerarchi erano capaci di questo e d'altro.
Sperava che il popolo italiano abboccasse all’amo e cadesse in una trama,
grossolana come un manifesto della “Staffel Germanica”.
Il popolo italiano non cascò nella rete, seppellì nel ridicolo le mene e i calcoli
machiavellici della “gerarchia”.
D’altronde il “manifesto di Verona” era di per sé rivelatore di un sintomatico
stato d’animo.
I fascisti, anche i più irriducibili, ben comprendevano che le parole d’ordine e la
propaganda del ventennio non potevano più far breccia nemmeno sull’indurito
cranio del peggior “minus habens” del bel paese. Cambiavano perciò le carte in
tavola, con disinvoltura da giocolieri si atteggiavano a riformatori, a
socialisteggianti, sino ad allora impediti nel loro “andar verso il popolo”, dalle
forze occulte della monarchia.
Il gioco propagandistico non illuse più se non chi voleva essere illuso.
Gli italiani compresero che la mossa dell’ultima ora del fascismo moribondo
nascondeva la velleità di sopravvivenza e quella di servire ai dominatori
tedeschi.
D’altro canto un regime “repubblicano e sociale” che si presentava alla nazione
con le mani lorde di sangue innocente e sporche dell’impuro contatto col
pubblico denaro rubato aveva ben scarsa possibilità di incontrare il favore della
nazione.
In questo senso il fascismo cremonese fu più sincero e senza veli che non il
movimento ufficiale.
Sui grandi giornali di informazione, tornati nuovamente al fascismo dopo la
breve parentesi dei 45 giorni, era un gran parlare sul nuovo corso di politica
sociale del regime con proposte di partecipazione degli operai agli utili delle
aziende e mantenimento delle Commissioni interne, e con parole di vilipendio
alla borghesia che si fingeva essere stata la sola “responsabile” del 25 luglio,
cercando di far dimenticare i vasti scioperi del marzo che erano stati uno dei

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