Page 122 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Non fucilazioni in massa come a Marzabotto, non efferate e mostruose uccisioni
di partigiani come gli impiccati di Bassano, non le sevizie medioevali alle donne
e agli uomini della resistenza come quelle perpetrate dalle bande Koch e Carità;
non le rappresaglie sanguinose contro le famiglie dei partigiani; non gli incendi
di interi paesi, non lo sterminio organizzato e la terra bruciata come nei territori
delle Alpi e degli Appennini.
La” Repubblica nazi-fascista “ instaurata a Cremona mantenne i caratteri indicati
all’inizio del presente capitolo.
Operettistica nella sua fantomatica attività, con sfondi macabri rappresentati da
singoli atti di rappresaglia voluti assieme dalla gerarchia e dal Comando tedesco
che, in definitiva, era colui che teneva i fili della marionettistica repubblica.
Che Farinacci, nel suo ritorno a Cremona, più che della salda volontà di
ricostruire squadristicamente una base effettiva di forza per rialzare le sorti del
fascismo, fosse mosso, invece, dalle intenzioni personalistiche di restaurare il
“ducato” e di rifarsi una verginità morale dopo quanto sul suo conto si era detto
nei 45 giorni, appare chiaro dai suoi primi articoli comparsi sul “Regime
Fascista”.
Riaffiorava poi in lui il non mai sopito senso antagonistico verso Mussolini e la
cricca romana, che, a suo parere, l’avevano per anni tenuto in disparte.
L’appoggio dei tedeschi ora gli permetteva di agire in forma indipendente e in
posizione polemica colla gerarchia ministeriale di Salò. Tutto ciò, naturalmente,
risalterà meglio in seguito.
Il suo primo sentimento, di ritorno a Cremona dalla Germania, fu quello di
sistemare la sua posizione morale di “Catone” e di “donrodrigueggiare” nei
confronti di coloro che, a suo dire, l’avevano ingiustamente danneggiato.
Dopo l’articolo “eccomi di ritorno” compare l’altro trafiletto “è finita la
baldoria”.
Farinacci chiede perentoriamente al Prefetto, al Questore, all’Intendente di
Finanza, conto e ragione, dei provvedimenti cautelativi presi durante i 45 giorni
nei suoi riguardi.
Prefetto, Questore e Intendente di Finanza, umili e dimessi, rispondono il giorno
dopo con argomentazioni che potevano valere solo se considerate sotto la luce
dello stato d’assedio tedesco e che, almeno apparentemente, soddisfano il
gerarca.
Egli si ritiene quindi giustificato, anche perché nel tentativo di salvarsi la faccia,
la gerarchia repubblichina mantiene a Roma la commissione “giudicatrice” dei
“profitti di regime” e perciò è meglio andare cauti.
Esaurita la fase del rintonacamento, alla bell’e meglio, delle reputazioni
compromesse e delle “vendette” rientrate (ché i più compromessi, per notorietà e
avvenute dimostrazioni al 25 luglio, sono fuori tiro), Farinacci e la gerarchia
procedono alla costituzione della repubblica fascista cremonese.
Si è parlato di gerarchia. Questa però muta sensibilmente di consistenza e
rappresentatività.

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