Page 120 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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resurrezione del popolo contro tutti gli ostacoli, contro tutti gli avversari.
Tragico mese, senza dubbio, quel settembre 1943 che, a chi l’ha vissuto, sembra
ormai circondato dalle nebbie del passato e della dimenticanza.
Ci si provi, però, una buona volta, a rivivere un attimo solo di quel periodo: i
ricordi personali si sgraneranno l’uno dietro l’altro.
Conversando con chiunque abbia vissuto quell’epoca ci si accorgerà della
concordanza, della consonanza quasi, degli stati d’animo di allora.
Gli è che la tremenda e pure utile esperienza fatta in quel primo dei venti mesi di
lotta clandestina, ha lasciato una impronta incancellabile nell’animo dei cittadini.
I dissensi politici dei dieci anni successivi possono aver allontanato gli uni dagli
altri, per divergente ideologia, gli uomini della resistenza.
Ma se si tocca quel tasto, se i neo fascisti osano alzare troppo la voce, gli animi
dei vecchi resistenti trasaliscono all’unisono.
Non si ritorna indietro a un passato di sangue, di vergogna, di infamia senza
nome.
NASCE LA REPUBBLICHETTA FASCISTA CREMONESE
SCENE DI OPERETTA SU FONDO DA GRAND-GUIGNOL
Il martedì 28 settembre, a due mesi circa dalla sospensione, il “Regime Fascista”
rivedeva la luce coll’articolo di fondo “Eccomi di ritorno” a firma Farinacci.
L’esule e ramingo gerarca tornava alla capitale del suo ducato su un’auto nera,
scortato da motociclisti tedeschi; tornava per fare le sue vendette verbali, per
fiancheggiare il padrone tedesco che gli dava la via libera, per instaurare a
Cremona la “Repubblica Fascista”.
Il suo arrivo e l’uscita del suo giornale, virtualmente, segnavano gli albori della
repubblica operettistica su sfondo da “ Grand Guignol” che i fascisti d’Italia
instauravano, per ripicco contro la monarchia che li lasciava soli, a tu per tu colle
responsabilità del ventennio e della guerra
Farinacci, dopo la melodrammatica seduta del Gran Consiglio in cui si era fatto
presentatore di un ordine del giorno particolare e non troppo ortodosso nei
confronti del capo del fascismo, così che al tempo del “processo di Verona”
cautamente nel suo giornale avanzò dei “distinguo” a proposito delle probabili
condanne, si era rifugiato in Germania per attendere tempi migliori.
Per lui e per l’alta gerarchia, legata al tedesco invasore, la disfatta e l’invasione
della patria, l’abbattimento del governo legittimo, la rottura dei vincoli della
comunità nazionale, costituivano il terreno adatto sul quale poggiare i piedi,
dopo tanto naufragio, per la restaurazione delle loro cadenti fortune.
La cosa che maggiormente nocque al Farinacci ( altri gerarchi, come lui e più di
lui responsabili, riuscirono in prosieguo di tempo a “salvar la ghirba” ed il
peculio) fu quel suo atteggiamento guasconesco da ammazzasette accompagnato
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