Page 121 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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da un frasario oltranzista che, nella pratica trovava corrispondenza e nel suo
stesso animo e nell’azione quotidiana.
Anche egli, come Mussolini, era portato dalla forza degli eventi, dai legami coi
tedeschi, dal passato di venti e più anni a comportarsi così come si comportò.
L’unica via di salvezza che si prospettava davanti a lui e alla gerarchia era quella
di una completa vittoria tedesca.
A questa auspicata, ma non certo sentita nell’anima, vittoria del pangermanesimo
hitleriano Farinacci e la gerarchia repubblichina diedero tutto il contributo
possibile favorendola in atti e in parole. Inconsapevolmente però il sentire
l’opinione pubblica nettamente sfavorevole al fascismo e ai tedeschi, operò nei
loro animi.
Il presagio della sconfitta immancabile, il senso di repulsione che spirava da tutti
gli strati della popolazione, la visione dello stato di miseria e di morale
depressione in cui versava il popolo sotto il tallone tedesco, pesarono
inconsciamente e imponderabilmente sull’azione dei repubblichini di Salo’ nella
nostra provincia.
Tra le frasi fatte e avventate, fra le pazze ingiurie e le malsane minacce di cui
riboccano i trafiletti e gli articoli di Farinacci sul “Regime” repubblichino,
traspare talvolta come una incerta paura dell’avvenire.
Là dove ad esempio, di fronte a una asserzione della radio alleata, egli nega di
essere stato fra i partecipi della “ferrarizzazione” di Ferrara, manifestatasi con le
esecuzioni operate dal Federale Ghisellini.
Di questo particolare stato d’animo della gerarchia cremonese è opportuno tener
conto nella valutazione dei fatti: nonostante il latrato querulo e minaccioso della
stampa, misure eccezionali e di gravità inaudita, quali ci si potevano attendere,
non vennero prese, nemmeno al periodo critico degli ultimi tempi della
repubblica fascista.
A parte però le valutazioni di carattere personale, che qui obiettivamente
interessano per una seria disamina dell’ambiente creatosi attorno alla
“repubblica”, le responsabilità d’ordine generale, relativamente all’appoggio
dato al tedesco e quelle d’indole particolare circa il regime di violenza e di
oppressione instaurato in provincia, permangono gravissime per lo Stato
maggiore e gli adepti volontari del regime nazifascista.
Come non basta la buona fede a giustificare la partecipazione di taluni ai crimini
del fascismo repubblichino, così le riserve d’animo e l'atteggiamento moderato di
fronte al male che si sarebbe potuto commettere, non bastano a dare una patente
di onorabilità, o quanto meno di riabilitazione, a uomini che, per insorta timidità,
non commisero tutti quei crimini che avrebbero potuto perpetrare nelle
circostanze a loro momentaneamente favorevoli.
Nella “Repubblica sociale” ci si trova davanti a criminali che l’ambizione, la sete
di dominio, l’esaltazione fuorviata, portano al delitto.
Casi di ferocia criminale, se ce ne furono (e ce ne furono disgraziatamente nella
RSI), non avvennero, fortunatamente, nella nostra provincia.

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