Page 117 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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cerchio di ferro delle guardie, il popolo cremonese, donne uomini e ragazzi,
affollò la stazione, la linea ferroviaria per recare ai fratelli in grigio verde il
sensibile contributo per alleviare la loro miseria.
Generi di conforto di ogni specie, sigarette, viveri, venivano offerti con quella
premura e affetto che solo un intramontabile senso patriottico e di unità umana
poteva suggerire.
Lo stesso si può dire degli aiuti ai militari che, braccati dalle SS o sfuggiti dalle
tradotte, si dirigevano a piedi, attraverso i campi, lungo le strade, alle loro case.
Volti fraterni li accoglievano nelle povere dimore dei lavoratori, mani materne
spezzavano per loro lo scarso pane, fraterni aiuti in denaro e in indumenti
venivano dati a questi figli del popolo italiano fuggiaschi per non soggiacere alla
prigionia.
Il settembre 1943 vide rinascere quel senso di solidarietà fra il popolo che il
fascismo voleva rotto per poter meglio dominare sulla discordia fraterna.
Il settembre 1943 vide poi rinascere e fiorire il senso di solidarietà umana che il
popolo italiano, forte dei suoi sentimenti veramente cristiani, ha sempre nutrito e
che il fascismo volle dimenticati nella sua folle corsa all’imperialismo e nella sua
pazza teoria della razza superiore.
Dai campi di concentramento, aperti l’otto settembre per disposizione superiore
perché i prigionieri non cadessero in mano tedesca, erano usciti migliaia e
migliaia di soldati alleati inglesi, americani, australiani, greci, jugoslavi, francesi.
Parte di questi si dirigeva verso l’Italia meridionale incontro all’ottava armata,
gli altri, i più, tentavano dirigersi verso la frontiera svizzera. Inesperti dei luoghi
e della lingua, senza mezzi essi sarebbero, per la maggior parte, sicuramente
caduti in mano tedesca ove non li avesse soccorsi la pietà fraterna ed umana
degli italiani.
V’è di più, non era solo pietà fraterna quel sentimento che spingeva i cittadini ad
aiutare coloro che, fino al giorno prima, ufficialmente erano considerati nemici.
La cobelligeranza, prima d’essere esperimentata direttamente nell’Italia
meridionale per mezzo del Corpo Italiano di Liberazione, fu iniziata e dalla
prima resistenza armata nell’Italia invasa e dall’aiuto che le popolazioni italiane,
schierate ormai a fianco dei popoli liberti, diedero ai prigionieri alleati che
cercavano scampo.
Nel Parmense, a Busseto e Fontanellato, durante la guerra fino all’otto settembre,
avevano funzionato campi di concentramento per prigionieri alleati. Una parte di
questi, appena liberata, si defilò verso la Liguria credendo in un prossimo sbarco
alleato.
Altri, incalzati dai primi rastrellamenti, avevano passato il Po riparando in
territorio cremonese.
Un gruppo di 12 prigionieri greci riparò nei dintorni di Piadena e qui un nucleo
di patrioti riuscì, attraverso documenti falsi, ad avviarne 10 verso Roma mentre
altri due rimanevano occultati in un cascinale fino alla liberazione.
Un altro gruppo di 27 prigionieri alleati dalla zona di Bardi venne avviato a
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