Page 112 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Era la pace per il popolo italiano.
Fra le parole smozzicate per l’emozione senile del sovrano e quelle del
maresciallo Badoglio si poteva però intuire il periodo che sovrastava alla
nazione.
L’ordine, espresso in frasi vaghe, di resistere a chi osasse opporsi al nuovo stato
di cose, indicava che era molto probabile e che bisognava attendersi una fiera
reazione da parte germanica.
In quel pomeriggio però la maggioranza della popolazione, soverchiata dalla
soddisfazione per la pace raggiunta, sottovalutò il pericolo dell’invasione e della
occupazione nazista.
Generalmente si riteneva che l’esercito, benché sfornito di materiale pesante,
sarebbe stato in grado di resistere alle non numerose divisioni germaniche
dislocate nei punti chiave della penisola.
Anche perchè esse dovevano fronteggiare da sole l’urto delle armate
angloamericane testè sbarcate a Salerno.
Si riteneva che una immediata cooperazione fra esercito italiano e truppe alleate
che potevano sbarcare ad ogni momento in altre zone della Penisola, avrebbe
costretto i nazisti a battere in ritirata.
Queste considerazioni, fatte brevemente da ogni ascoltatore della comunicazione
radio, fecero sì che il senso euforico della pace raggiunta soverchiasse
nettamente le preoccupazioni per la temuta controreazione germanica.
D’altro canto le truppe tedesche, accasermate in città, erano consegnate nei
quartieri e ciò aggiungeva legna al fuoco della persuasione che anche i tedeschi
stavano per mollare o per decidersi ad evacuare la città ed i paesi.
La sera dell’8 settembre trascorse così, nei pubblici locali e nelle riunioni private,
con la persuasione generale che tutto ormai era finito e che presto si sarebbero
raccolti i frutti della pace e della libertà.
Nella serata avvennero in qualche via cittadina alcuni brevi tafferugli con soldati
tedeschi isolati nel tentativo di disarmarli. Intervennero pattuglie da ambo le parti
e la cosa finì lì.
Gli organi responsabili delle pubbliche amministrazioni, tranne le comunicazioni
radio, non avevano ricevuto altre disposizioni.
Non si sapeva ancora che il re, la famiglia reale e il governo da Roma, nella
nottata, si trasferivano a Pescara e quindi nell’Italia meridionale per mettersi in
salvo.
Non entriamo, né sarebbe il caso in un lavoro a carattere provinciale, nella
disamina relativa alle responsabilità e nella conseguente polemica. Ci limitiamo
a indicare i fatti.
Le forze dell’esercito italiano, stanziate nella città di Cremona, erano imponenti
viste sulla carta.
Nella realtà il IX reggimento bersaglieri, il III artiglieria e il XVII fanteria
motorizzata, qui stanziati, erano ridotti più che altro a depositi per complementi e
materiali.
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