Page 107 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
P. 107

ed armi per cooperare coll’esercito alla difesa della città contro l’assalto tedesco.
E’ questo, come si diceva, un giudizio fatto colla esperienza compiuta nel lavoro
e nei sacrifici del periodo successivo. I risultati, ad ogni modo, sarebbero stati
certamente diversi da quelli tristissimi del settembre 43. Recriminare alla fine
non giova chè sarebbe come pretendere da un’epoca e da uomini non ancora
maturati e provati, cose che si sono viste colla esperienza del poi.
Sta il fatto che l’opera del Comitato e degli antifascisti in genere, oltre che dalle
remore dello stato d’assedio e dalla faciloneria generale che dava tutto per
risolto, fu tratta in inganno dalle voci artefatte, dalle dicerie messe in
circolazione da una più che subdola propaganda e relative ad una crisi del regime
hitleriano con annessa scomparsa di Hitler, crisi che avrebbe determinato la
catastrofe dell’armata tedesca di invasione e la fine della 2^ Guerra mondiale.
Dette voci erano caratteristiche del momento. Momento di crisi in cui le fonti di
informazione erano quanto mai dubbiose così come dubbiosa e incerta era la
situazione politica generale.
Il governo Badoglio, a parte la decisa posizione relativa all’ordine pubblico, si
barcamenava e baloccava con provvedimenti che, se da un lato soddisfacevano la
pubblica opinione (scioglimento del PNF, liberazione di una parte dei detenuti e
dei manifestanti politici, nomina di commissari alle organizzazioni dei
lavoratori), d’altra parte si sarebbero rivelati come dannosi allo stabilimento
della democrazia (richiamo alle armi dei gerarchi fascisti, mantenimento della
“milizia” colla sostituzione delle “stellette” ai fasci).
Non è possibile, in un lavoro, che ha carattere di monografia provinciale,
avanzare giudizi sulla politica badogliana nei confronti dei maggiori problemi:
La pace e i rapporti con lo stato tedesco. L’uno e l’altro, si può genericamente
affermare, furono affrontati con timidezza e faciloneria al tempo stesso. Frutto
della “ripugnanza” militare, di problemi di natura squisitamente politica e del
malefico influsso esercitato, anche in questa occasione, dalla corona e dalla
burocrazia che, sostanzialmente, era sempre a capo dei ministeri.
D’altra parte, come comportava la dialettica della storia, la crisi delle istituzioni e
della società doveva essere portata fino in fondo. E il rinnovamento poteva
giungere solo attraverso forze nuove che avessero fatto proprio il programma
risorgimentale posto in non cale dalle strutturazioni fasciste della società italiana
dal ‘22 al ’43.
Questa crisi delle strutturazioni statali, contaminate per 20 anni dal fascismo,
continua e si accentua durante i 45 giorni per raggiungere il suo acme l’8
Settembre colla dissoluzione ingloriosa del vecchi istituti e dei miti.
Le masse popolari intuiscono, confusamente, questo processo di dissoluzione e il
compito che toccherà loro nel periodo clandestino. Esse sono ora nell’attesa e
risparmiano le forze per il momento in cui verranno chiamate ad agire.
Prima di arrivare all’8 Settembre e alla svolta decisiva che con tale data
incomincia è opportuno spendere ancora qualche parola sull’intermezzo dei 45
giorni.

                                      107
   102   103   104   105   106   107   108   109   110   111   112