Page 106 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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trama della gerarchia fascista. Operò attraverso pubblici comizi e un sia pur
misurato manifesto a che il voto popolare, auspicante una affermazione completa
degli ideali di libertà, avesse risonanza ampia così da impressionare i cauti amici
e i latenti avversari delle libere istituzioni. Agì soprattutto in vista dell’avvenire,
stimolando le forze dei partiti ad organizzarsi per l’azione grave e difficile che si
doveva, a breve scadenza, rendere improrogabile.
Qualche passo addietro si è definita “quarantottesca” l’atmosfera euforica
spontaneamente creatasi il 25 luglio. In questo denominativo si comprende
l’ingenuo e spontaneo sentimento della massa dei cittadini liberatisi dal torvo
incubo ventennale e l’aspirazione collettiva a un ideale e di cittadina concordia.
L’animo degli italiani, a parte le parentesi medioevali di rissa e di odii fraterni, è
generalmente portato alla fraternizzazione coi concittadini e cogli altri popoli. Il
fascismo si era servito, e si serve, del dissenso politico per approfondire i solchi
fra i vari ceti sociali. Il 25 luglio, così come più tardi il 25 aprile, segnò un
ritorno alla concordia nazionale sotto i segni della democrazia e del patriottismo.
Se furono poi (con la corona) le forze del colpo di stato quelle che al 25 aprile
disponessero di mezzi e di strumenti tali da determinare il rovescio della dittatura
non è da sottovalutare l’apporto che l’opinione nazionale, espressa dai grandi
scioperi del marzo e dal visibile malcontento e sdegno per la rovinosa politica
dell’alta gerarchia, recò al mutamento istituzionale.
Anche in questo senso l’azione popolare fu quarantottesca: perché, pur avendo
determinato l’evoluzione, pur avendo premuto sulla situazione con tutta la sua
influenza, al momento decisivo non seppe trasformarsi in forza di guida degli
avvenimenti. Essa permise che l’esperimento badogliano e della libertà misurata
andasse fino in fondo. Pur avendo posto il problema della pace e del
rovesciamento delle alleanze, non potè dare attuazione al piano che forse avrebbe
colto di sorpresa lo stato maggiore hitleriano e dato nuovo e potente
incoraggiamento all’apparato militare per la resistenza all’invasore.
Le stesse osservazioni a posteriori, si possono fare circa il generico operato del
Comitato antifascista.
Certamente si sarebbe potuto prevedere quanto poi successe alla scadenza dei 45
giorni e cioè il ritorno del fascismo appollaiato, come uccello di rapina e di
sventura, sui carri armati dell’invasore tedesco. Certamente si sarebbe potuto
prevedere la futura carenza, al momento della crisi dell’8 Settembre, dei pubblici
poteri e della resistenza dei comandi militari.
Sotto questo aspetto veramente l’azione del Comitato si può definire
quarantottesca.
Sarebbe stato più consono alle future tragiche circostanze un lavoro di maggiore
profondità e di miglior frutto. Considerando cioè che il 25 luglio non era fine a se
stesso ma una tappa in attesa di più gravi avvenimenti, si sarebbe potuto , più o
meno clandestinamente, compiere almeno in parte quel lavoro di organizzazione
della resistenza che venne espletato nei successivi venti mesi di lotta clandestina.
L’8 Settembre il popolo, i militanti più decisi, avrebbero così avuto mezzi morali

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