Page 57 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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Tornando alla prima fase del ducato si può accennare, come primo fenomeno
dell’opportunismo proprio dei regimi dittatoriali, allo sfrenato arrivismo di ceti e
di personaggi che, magari., fino al giorno del trionfo, erano rimasti ad attendere
gli eventi.
Le anticamere del duca si popolarono delle più squallide larve dell’arrivismo
pronto a rinnegare e voltar gabbana e bandiera per l’interesse personale.
Non facciamo nomi perché anche la cronistoria ha i suoi pudori.
Da un punto di vista strettamente moralistico a proposito di costoro, che
abbandonarono la barca nel 1943 quando cominciava a far acqua, una volta tanto
potremmo essere d’accordo col Farinacci quando nel “Regime repubblichino”
inveiva contro di loro.
Come di fatti nessuna idealità li muoveva nel 1923 ad iscriversi al “fascio” così
non un soffio o un moto di resipiscenza li indusse nel 43 a voltar le spalle
all’idolo cadente ma un semplice calcolo di probabilità e di freddo interesse.
Lasciamo dunque costoro nel loro fango accennando di passata al fenomeno.
Questa posizione, naturalmente, non li esime dal grave peso delle loro
responsabilità. Avvallando il regime col loro nome, fiancheggiando l’opera
brutale dello squadrismo colle oblique azioni dell’appoggio o indiretto o diretto
nel campo amministrativo, culturale, economico, essi adempirono la funzione di
colonne della società fascista. E se le lance spezzate dello squadrismo, anime
perdute e qualche anima in buona fede, pagarono il fio delle colpe commesse o
furono estromesse dal ciclo della evoluzione democratica, costoro,
rappresentativi di ceti o di correnti di interessi, permangono ancora come non
sottovalutabile pericolo per la repubblica italiana.
Un altro fenomeno che si verificò nella prima fase di Cremona ”fascistizzata” fu
quello del “dissidentismo”. Espressione anarchica, usiamo questa parola nel
significato volgare che le si attribuisce e non in quello politico di aspirazioni
personali in uno stato autoritario in via di formazione.
A Reggio Emilia, a Mortara, a Novara, il dissidentismo fascista aveva
colorazioni politiche espresse da Cesare Forni, Massimo Rocca, Misuri. A
Cremona il bulicare dei semi di dissidenza fu di carattere personale nell’urto col
Farinacci di Cesare Balestreri, già suo braccio destro e fido seguace.
Altra cosa da non sottacere fu la corsa della nuova gerarchia all’arricchimento e
alla ricerca di un posto al sole... per scaldare le stanche ossa per tanti anni
esposte al freddo e allo squallore del vivere comune.
Salvo qualche proprietario terriero o industriale cremasco, i dirigenti del
fascismo cremonese erano poveri in canna. Lodevole cosa questa se portata fino
in fondo alla fine della carriera politica così come fecero gli uomini di parte
democratica Bissolati, Sacchi, Garibotti, Miglioli.
Il “nudi alla meta” era un motto che poteva andare nelle piscine dei Dopolavoro
ma non negli uffici dei ras e dei gerarchi.
Ognuno di questi, secondo il gradino della scala su cui era posto, cercò di
sistemarsi il più comodamente possibile nella nicchia.

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