Page 55 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
P. 55

Se non temessimo di elevar l’ambiente a proporzioni eccessive potremmo
cominciare una biografia del nuovo Cabrino Fondulo di Cremona colle parole
delle “croniche di Dino Compagni”: un “cavaliere della similianza di Cattellina
romano”.
Riteniamo però buona regola, in uno studio monografico che deve riguardare
soprattutto movimenti d’idee e di masse, non insistere su ritratti biografici di
persone che la storia ha giudicato ponendo termine ai loro esperimenti e alle
carriere personali.
D’altra parte di personaggi incolti dotati di una certa furbizia abile e
spregiudicata ne sono esistiti parecchi nella cronistoria cremonese.
Il successo e, a un certo punto, la rovinosa caduta possono implicare un giudizio
che nel loro esame è nettamente negativo sul terreno politico e morale.
E’ più confortante magari il rilevare che uomini nefasti a Cremona non erano
originari di Cremona, anche se qui trapiantati e acclimatati.
Il gruppo dirigente “fascista” di Cremona era capeggiato da Roberto Farinacci.
Questi aveva avuto l’abilità, a un certo punto, di scavalcare taluni vecchi uomini
del riformismo passati nel nuovo campo, si era circondato d’una cerchia di altri,
legatisi alla sua causa per i loro interessi e che riconoscevano in lui, nella loro
debolezza di carattere ed insufficienza personale, la guida del movimento.
Instaurato il “ducato”, la cui legge era la legge del bastone e dell’arbitrio, esso
venne rapidamente organizzato in funzione personale della gerarchia e della
schiera numerosa dei sottogerarchi.
Formalmente a Cremona era parte integrante del regno. Risiedevano a Cremona
il Prefetto, il Questore, il Procuratore del Re e tutti gli altri funzionari della
burocrazia ufficiale.
Il vero potere era però esercitato dal capo locale del fascismo.
Prefetto, Questore, Procuratore del re, eccetera, ricevevano a secondo dei casi,
direttive e strapazzate dal ras. Quando un ordine da Roma giungeva agli organi
governativi locali, il ras veniva informato con tutti i riguardi. Singolare, a questo
proposito, la procedura seguita nelle rare circostanze in cui il governo centrale
decideva di censurare o (rarissimamente) di sequestrare il giornale “Cremona
Nuova”.
Questo giornale organo del fascismo cremonese e personale del ras, rifletteva
nelle sue esagerazioni, nelle sue campagne violente, nel linguaggio triviale e
sgrammaticato le caratteristiche date al “fascismo” cremonese dal suo fondatore
e capo.
Abituati come erano i dirigenti nazionali della reazione a un linguaggio
baldanzoso ritenuto forma espressiva di una necessaria durezza di azione, essi
negli articoli roventi di “Cremona Nuova” vedevano una forza che, praticamente,
non esisteva, ne rimanevano impressionati e venivano a patteggiamenti con
l’estensore o ispiratore di quella prosa.
Il “ducato di Cremona”, dal 1922 al 43, passa attraverso due fasi ben distinte. La
prima è quella del consolidamento della istituzione e della lotta contro i residui

                                       55
   50   51   52   53   54   55   56   57   58   59   60