Page 56 - Emilio Zanoni - 1955 - Saggo storico
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di opposizione ormai però mal ridotti. La seconda è la fase assestata. E’ il regime
che non ha davanti alcun ostacolo e che perciò può anche calzare il guanto del
borbonismo sul pugno di ferro della dittatura reazionaria.
Gli avversari politici sono, dopo la “marcia su Roma”, rapidamente messi fuori
combattimento.
Nell’assalto alla Prefettura alcuni fascisti erano stati stesi al suolo da un preciso
fuoco di fila dei Carabinieri che ubbidivano agli ordini ricevuti. La massa degli
assalitori era fuggita in preda al panico fino alla periferia cittadina.
Riprova questa, se fosse ancor necessario ricorrere a prove, che un contegno
energico dei pubblici poteri (e non la volontà precisa di un colpo di stato)
avrebbe agevolmente fatto superare la crisi.
Passati dal panico di una temuta disfatta ai sogni radiosi di una vittori raggiunta
senza eccessivi sacrifici (almeno pei capi) i fascisti passarono al consolidamento
della situazione.
Con una nuova forma di azione penale (il bando) furono cacciati dalla città i
dirigenti dei movimenti politico-sindacali ostili al fascismo. Guido Miglioli e
Giuseppe Garibotti, deputati al Parlamento, ed altri ancora non potevano
rimettere piede in città. Le organizzazioni sindacali, le cui direttive di sciopero
fino alla tarda estate erano state seguite dai lavoratori dei campi, furono
definitivamente disperse.
Cessavano la pubblicazione i giornali dei movimenti democratici. La Provincia,,
organo dei gruppi democratico-radicali della città facenti capo ad Ettore Sacchi,
entrava in una fase di opposizione moderata al regime e giungeva in pochi mesi
alla sua definitiva sospensione.
Gravava in città e provincia la cappa plumbea dell’oppressione. I lavoratori, già
sottoposti alla pressione del padronato, si vedevano anche per la maggior parte
costretti ad iscriversi al “Sindacato Provinciale Economico” che era l’embrione
dei sindacati fascisti.
Non portiamo qui in discussione, perché l’argomento è troppo vasto e
complesso, il significato e la portata di questa specie di sindacati sui quali, nella
molto ipotetica concezione dell’accordo di classe, e sulle organizzazioni dei
datori di lavoro si resse la monumentale e incoerente teoria corporativa.
Andando al fondo della questione, al di fuori e al di sopra dell’inconcludente
chiacchiericcio parlato o scritto degli apologisti di comodo, si può
sostanzialmente ritenere che detti sindacati costituivano una lustra del regime
riducibile a uno strumento per l’asservimento e l’intruppamento coatto dei
lavoratori.
D’altro campo praticamente il P.N.F. e il sindacato economico avevano nelle
loro mani il collocamento della mano d’opera cosi ché l’affamare i ribelli, i restii
o i non graditi diventava un’arma formidabile nelle mani del potere politico.
Taciamo senz’altro delle varie categorie dei pubblici dipendenti (statali –
parastatali – comunali) i quali, più degli altri, erano immediatamente sottoposti ai
voleri della dittatura.

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