Lettera aperta a tutti coloro che si riconoscono nei valori e nei principi del socialismo democratico, italiano ed europeo
Noi socialisti, in Italia, abbiamo avuto una storia travagliata ma ricca di risultati, che hanno contribuito a cambiare e a rendere migliore il Paese.
Il nostro “otto settembre”, che ci ha votati all'irrilevanza e alla pura testimonianza, può essere sovvertito.
Molti sono i motivi che ci spingono ad agire, primo fra tutti il malessere profondo di fronte alle ingiustizie e alle disuguaglianze insopportabili del presente.
Dalla dimensione sociale a quella economica, dalla qualità democratica ai diritti.
Diseguaglianze aggravate da una giustizia sempre più in crisi, come dimostrano i fatti che fanno luce su di una oligarchia di magistrati impegnati a spartirsi incarichi e a selezionare la classe politica.
Chi ha governato, alternativamente per quasi trent'anni, è indubbiamente responsabile del declino e dell'impoverimento dell'Italia.
Per questo oggi si impone una radicale inversione di rotta, permettendo finalmente di rispondere al bisogno di un lavoro per tutti e ben retribuito, alla fondamentale necessità di giustizia sociale, all'imprescindibile rispetto della vita, della dignità delle persone e dell'ambiente nel quale viviamo.
Per un nuovo modello di sviluppo, che possa contare su un ruolo più incisivo dello Stato, sul rilancio di attività produttive nuove e competitive, sulla valorizzazione delle risorse umane e naturali.
Questi valori e idee sono al centro delle esperienze socialiste e democratiche di tutta Europa.
Oggi riprendono vigore, superando chimere “mercatiste” e accantonando il pensiero neoliberista che pur ha attraversato negli anni anche parte del campo socialista e progressista.
Per realizzare un mondo nuovo sottratto alla rapacità del capitalismo finanziario e ad un'economia che, se dominata dalla sola sete del profitto, mette in pericolo democrazia, sicurezza sociale e libertà personali.
Per realizzare questo obiettivo, occorre ripartire da due fondamentali punti qualificanti del socialismo italiano e internazionale. Dalla dimensione democratica e politica dell'Europa, per una nuova politica di integrazione europea, per un Europa diversa e riformata, oltre ogni tentazione neo-nazionalista e di chiusura.
E dalla dimensione dai nostri Comuni, cioè dall'autonomia e dalla sussidiarietà delle istituzioni più vicine ai bisogni dei cittadini possono ancora garantire una democrazia effettiva e partecipazione.
In questo senso, Milano deve essere protagonista di una nuova stagione politica.
È la città “europea” per eccellenza, ne respira l'aria, vive i tormenti e cerca le opportunità dell'intero continente.
Nel suo sottosuolo scorre il fiume carsico del socialismo democratico, che della Città è stato senso e comune sentire fin dalla fine del XIX secolo.
Alimentato dalla fonte viva della predisposizione alla competizione civile, alla solidarietà, alla libertà, al confronto delle idee e alla tolleranza, da sempre nella natura dei milanesi.
Da qui può e deve ripartire il nuovo segnale del socialismo, rivolto agli uomini, alle donne, ai giovani che si riconoscono nella storia, negli ideali, nelle lotte e nelle conquiste civili e culturali del movimento riformista.
Per tutto ciò, cominciando da Milano, dobbiamo animare una nuova realtà politica, autonoma nell'identità, che saldi la migliore tradizione con le opportunità future, che si schieri con forza e umiltà contro il disagio e lo smarrimento sociale, accanto a quanti vivono in sofferenza e fragilità, spesso dimenticati e abbandonati a se stessi.
Aperta a tutti coloro per i quali libertà, giustizia sociale e democrazia sono inseparabili.
Che faccia di Milano, con la sua società e le sue Istituzioni, il punto di riferimento della battaglia politica per l'attuazione della Costituzione repubblicana e della rigorosa difesa degli istituti della democrazia rappresentativa.
In sintesi, dobbiamo e possiamo dar vita ad una forte e riconoscibile iniziativa politica che contribuisca, in modo determinante, a ridisegnare il “campo” di una sinistra plurale, per la quale e nella quale è più importante sapere dove andare insieme, piuttosto che da dove si viene.
Nelle prossime settimane e mesi, organizzeremo momenti di incontro e daremo vita a strumenti di informazione e approfondimento, aperti a tutti coloro che condividono i valori di libertà e uguaglianza del socialismo democratico.
Lontani da una logica di semplice testimonianza rivolta al passato, convinti di una nuova stagione di azione e protagonismo è necessaria e possibile.
Partito Socialista Italiano - Socialisti in Movimento - Associazione SocialDemocrazia - Associazione Giacomo Brodolini Milano - Circolo Piero Gobetti - Circolo Sandro Pertini - Associazione Il Socialista - Circolo La Riforma - Associazione Altiero Spinelli di Segrate - Associazione Le Sarte di Corso Magenta
La vecchia e, per qualche verso, burocratica formula “abbiamo ricevuto e di buon grado pubblichiamo”, questa volta è assolutamente improponibile. Vero che l'abbiamo ricevuta e che, coerenti con la mission della nostra testata, la lettera aperta la pubblichiamo.
Ma, sia chiaro sin dall'incipit, non solo con lo spirito della promozione della circolazione delle idee; bensì con l'intento di scendere in campo anche noi, nel ruolo di player del confronto dialettico. Che auspichiamo fecondo e foriero di qualche concreto approdo pratico.
D'altro lato, la nostra testata non è mai mancata, in autonomia e quasi sempre in solitudine, di farsi carico della segnalazione di consapevolezze, riguardanti lo stato dell'arte della politica in generale, della sinistra e del segmento, che dovrebbe essere nodale, della questione socialista.
Poco meno di trent'anni fa si era alla vigilia dell'innesco di una svolta suscettibile, negli intendimenti di una composita sala regia, di rovesciare il tavolo.
Si è visto com'è andata a finire. Dovrebbero essere primi a dolersi della deriva rotta matrice (che ha buttato indifferenziatamente l'acqua sporca ed il bambino) coloro che, in particolare a sinistra, professarono la Schadenfreude, il piacere derivante dalla sfortuna del movimento socialista di vedersi privato di storia, di ruolo di rappresentanza istituzionale, di semplice diritto di tribuna.
Se in questi scenari di inizio terzo millennio albergasse, anche a minimo sindacale, l'impulso autocritico, i primi a dolersi dovrebbero essere gli stessi che ebbero parte attiva nell'oscura discontinuità e che salirono ai piani anni della stanza dei bottoni della transizione alla cosiddetta seconda repubblica.
Per farla breve, sottolineeremo solo che nello stato di sospensione del sistema liberaldemocratico, collaudato nell'immediato secondo dopoguerra e dipanatosi con buoni risultati per oltre mezzo secolo, concorre significativamente l'assenza, nell'asset di un movimento socialista. Nell'ovvia accezione lata; quella che, scartando l'impulso riflesso di visione ombelicale, guarda molto oltre i confini tradizionali della geosinistra.
Diversamente, se si restasse ancorate alle pareti domestiche della cara vecchia casa del PSI che fu, si otterrebbe il risultato di legittimare l'aspirazione di interpretare, negli attuali contesti, gli Hiroo Onoda, eroici ma concretamente irrilevanti ai fini della riforma della politica (forse anche patetici).
Avrebbe potuto essere questo tragico 2020 lo snodo per la dismissione delle titubanze e delle visioni limitate. Un anno foriero di tragedie inenarrabili, nato sotto nefasti auspici, innescati da un'inconsiderata lettura recriminatoria del ventennale della scomparsa di Craxi, ma raddrizzato, almeno tendenzialmente, dalla testimonianza di Martelli, che propose per il 22 febbraio un forum, indirizzato non a rimasticare le recriminazioni (in parte non infondate e indebite), di rivisitazione, più che del pensiero e della figura del leader, delle basi teoriche e pratiche del suo ciclo.
Se si fa uno sforzo di astrazione dal profilo monotematico con cui la statura del leader e statista Craxi viene consegnata solo agli indotti del film “Hammamet”, allora si possono dischiudere praterie per una rivisitazione di un personaggio e di un ciclo politico fecondo (in corso d'opera) e potenzialmente edificante. Nell'immediato prosieguo e, soprattutto, negli attuali scenari, caratterizzati, e vogliamo stare bassi, da vuoti pneumatici, di consapevolezze, di idealismi, di progetti, di impulsi coesivi.
Per le ragioni che si sanno, il forum del 22 febbraio non poté avvenire. Uno dei top partners (il PD milanese) venne (per ragioni di ipoacusia e meschinità politica) meno.
Già avrebbe potuto essere un buon abbrivo. Nei momenti dati non resta che l'auspicio che l'intuizione non cada in prescrizione. Un conforto, come osserveremo tra poco, viene dal coraggioso rilancio dell'Avanti!. Inquieta (o almeno non induce a facili entusiasmi) la constatazione che, al di là della rondine Avanti! (preannuncio almeno di feconde primavere), il movimento socialista italiano cosiddetto organizzato batta pochi colpi.
Fatto questo che contrasta, invece, con l'inesauribile moto della base.
Ne è prova, insieme a molti segnali, l'appello, dovuto all'iniziativa di un pool di testimonianze milanesi della cultura socialista. Che percepiamo come un indubbio positivo segnale di permanenza in vita e di voglia di rientrare nei ranghi delle testimonianze politiche. L'EdP, che per tanti anni ha predicato al vento e in solitudine, non può che gioire, aprendo le sue pagine "digitali" a questo pronunciamento. Nella speranza che sia il primo di molti altri, destinati a rimettere sui cardini l'aggregato teorico-pratico del socialismo italiano. L'unico, nell'attuale asset politico della sinistra e del generale schieramento, ad aprire uno squarcio di sostenibilità alla fuoruscita dalla palude. Senza fare, auspicabilmente, come in passato, un'occasione per spaccare il capello in quattro e dividere conseguentemente le energie da prefisso telefonico. Siccome, al di là del ruolo editoriale, chi scrive si ritiene della partita, non è possibile sottrarsi all'opportunità di una chiosa sul testo. Che presenta indubbiamente il vantaggio di fornire un'analisi basica. Utile ad avviare l'approfondimento e la divulgazione. A voler essere sinceri i perni dell'analisi appaiono un po' datati, forse volendo fare il verso alle suggestioni radical di una gauche delegittimata un po' ovunque. Dal consenso elettorale, dalla rappresentanza sociale, dal rating dell'incidenza nelle dinamiche e negli impulsi riformistici. Mercato e profitto non sono due "brutte parole". Dove furono demonizzati ed espunti dal sistema, la praticabilità della testimonianza socialista fu azzoppato ed il bacino sociale della sua rappresentanza fortemente penalizzato. I due termini hanno una incontrovertibile valenza strumentale. A meno che non si vogliano ripristinare i concetti di economia collettivista e di abolizione della sostenibilità di un modello, in cui la giustizia sociale, riverberata in una scala di più equa distribuzione, si sostanzi in più equilibrati rapporti finali, ma anche in una prassi di partecipazione alle responsabilità, alla gestione, alla programmazione. Aziendale, produttiva, economico-finanziaria nazionale (e, osando, comunitaria). È questo il perno ispiratore e strumentale della sistemazione del pensiero liberal socialista (e laburista). La teoria rosselliana e qualche venatura pragmatica del welfare aziendale olivettiano. Di cui non c'è traccia nè negli attuali orizzonti dialettici nè, almeno a livello di post it, nel documento. Mi riferisco al profilo co-gestionario; che costituisce l'alfa di qualsiasi sostenibile progetto di emancipazione socioeconomica in senso liberalsocialista. Dovendo essere necessariamente sintetico, accenno solo alle radici teoriche di questo aggregato progettuale: la teoria del merito e dei bisogni (vecchi e nuovi) e la precondizione delle opportunità (che azionando il rawlsiano ascensore sociale). Può essere questa la dorsale (aggiornata) dei riferimenti "dottrinari" generali; ravvisabili nel Progetto del 1982. In larghissima parte attuale. Inoltre, il documento, apprezzabile come strumento atto a promuovere armonizzazione e convergenza, appare reticente sulle dinamiche della partecipazione, politica e sociale. Segmento più che mai centrale in contesti in cui è conclamata, da un lato, l'irrilevanza di un sindacato prevalentemente abbarbicato alla teoria continuistica del controvalore della remunerazione come variabile indipendente (dei profitti) e, dall'altro, della ormai conclusa rottamazione della partecipazione, civile e politica. Last but not least, c'è, di fronte all'aggiornamento delle basi dottrinarie, una incommensurabile prateria, per quanto si riferisce, in generale, alla riforma dello Stato e dell'ordinamento amministrativo. Su tale questione, invece centrale, c'è poco. Da registrare, con formulazioni meno generiche, c'è da ultimo la teoria della gestione periferica. Di cui il Comune è perno fondamentale. Non casualmente la dottrina del socialismo umanitario, democratico, riformista degli albori (di Turati e Bissolati, interpretata dai discepoli di Milano, Caldara, di Cremona, Botti e della leva dei Sindaci eletti nel 1915), mise a fuoco e fino all"avvento del fascismo concretizzò il "municipalismo socialista". Quanto alla sostenibilità della determinazione di rimettere sui cardini l'"offerta" socialista, non è neanche il caso di accennare alle opportunità inversamente proporzionali per chi vi si accinge. Rebus sic stantibus, non v'e chi non veda, per esclusione, l'eliminazione, l"autoeliminazione, delle precondizioni ostative. In primis, la totale ricollocazione nel tubetto del dentifricio delle testimonianze non virtuose della diaspora socialista. Tirarci sopra una riga non significa rinunciare all'opportunità di avvalersi del ruolo, già confezionato, dell'unica forma partito (il Psi). A condizione che rinunci alla pretesa di essere senior esclusivo. Sul territorio nazionale non hanno mai cessato di operare fattivamente realtà associative di profilo storico, politico, culturale, editoriale. Che, in prospettiva e già nell'immediato, possono e devono costituire l'ossatura dell'impegno di armonizzazione degli intenti aggregativi e di convergenza a sintesi degli apporti teorici ed organizzativi. Un po' come fu al congresso fondativo di Genova del 1892. (e.v)