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ELECTION DAY 2021: PIZZIGHETTONE

Dirà arbitro…

  29/09/2021

Di Redazione

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Non mai come in questa circostanza vale la celebre frase di Mister Vujadin Boskov assurta a rango di massima. Les jeux sont (presque) faits, sulle sponde dell'Adda, per quanto si riferisce all'aggiudicazione dei ruoli nella consiliatura 2021-2026.

Già l'arbitro in assoluto cui ci riferiamo (il corpo elettorale) sentenzierà senza appello chi occuperà la sala regia della gestione amministrativa e chi, invece, il ruolo di controllo e, se necessario, di critica.

Ricorderemo che l'Amministrazione uscente, presieduta da Gianluca Moggi, fu, quasi cinque anni fa, il risultato di una convergenza “civica” che prescindeva dalle tradizionali alleanze di campo ideologico. Come suggerirebbe il personaggio cinematografico Conte Max il percorso di questi cinque anni, che non era mai stato cachettico nella fase di partenza, è diventato “vivacino” in dirittura d'arrivo del mandato.

Non proprio un alleanza con chi ci stava; ma, in qualche misura si tenne conto di situazioni in movimento. A contendere questa inedita formula, focalizzata sulla priorità municipalistica, scesero in campo il PD (con una lista ed un programma “targati”) e un'altra lista di profilo “civico”, guidata da Giancarlo Bissolotti.

L'aggregazione vincente, collegata al nuovo Sindaco Moggi, era la risultante di una ricerca quasi esclusivamente finalizzata all'obiettivo di assicurare, dopo un trentennio di alternanza di campi politici contrapposti, un progetto gestionale capace di garantire uno standard amministrativo super partes e una visuale ampia ed alta, per togliere il borgo dell'Adda dalla spirale di declino.

Di cui dicevano e dicono, impietosamente, alcuni dati incontrovertibili, come: la diminuzione ed invecchiamento della popolazione; l'inversione dell'attrattività per effetto della deindustrializzazione; l'avvitamento su un prevalente profilo di sussistenza (garantito dal gettito delle pensioni d'antan e dall'indotto del pendolarismo).

Diciamo subito che su tale precipuo tratto identitario, di cui si era fatto convinto e strenuo portatore il gruppo “civico” per un quarto di secolo ruotante sulla figura e sulla testimonianza di Fulvio Pesenti (sempre presentatosi in encomiabile solitudine al verdetto degli elettori e sempre dallo stesso confermato nel ruolo di lungimirante analisi e di controllo), non ci sarebbe mai stata partita.

Perché, su tale terreno ad esclusione di “Pizzighettone al Centro”, gli altri partners “civici” (sic!) avrebbero mostrato ben presto le reali intenzioni: mettere insieme i consensi ed il prestigio (dei sostenitori della lista Pesenti) per vincere e, anzi, per “comandare”.

Il perno progettuale degli obiettivi della lista civica vincente di 5 anni fa sarebbe stato asfaltato da una lenta ma percepibile metamorfosi; da formula motivata da consapevolezze di programma e da salto di qualità ad alleanza degradata, da un lato, al perseguimento di un modesto standard della quotidianità e, dall'altro, da una rapida polarizzazione di ruoli in campo ad una visione “proprietaria” del primo cittadino. Che, per il vero, fece intendere ben presto i suoi propositi di incardinare la lista civica sul terreno dell'assimilazione del format delle alleanze tradizionali e della alterazione del profilo etico/politico della formazione.

Su tale terreno risulterà, nella prima parte del mandato, paradigmatica la testimonianza del Sindaco Moggi su una questione apparentemente defilata rispetto alla centralità amministrativa: la revoca della cittadinanza onoraria al duce.

Solo un (politicamente) sprovveduto o (più probabilmente) un arrogante avrebbe potuto presumere che il panegirico sul "Duce che qualcosa di buono aveva fatto” potesse violare l'embargo delle sensibilità antifasciste, fortemente incardinate nelle consapevolezze di almeno una parte della maggioranza.

L'approdo finale dell'inconciliabilità ideale, etica ed amministrativa all'interno della iniziale maggioranza si sarebbe avuto con l'impronta data dal Sindaco Moggi alla vicenda del rinnovo degli organi amministrativi della Fondazione Mazza. Della cui criticità era consapevole la gran parte della cittadinanza. Sarebbe stata l'occasione, ad avviso di “Pizzighettone al Centro”, per renderne ufficialmente edotti e partecipi i cittadini, gli organi istituzionali, l'associazionismo, gli operatori, i sindacati, nell'ovvio intento di trovare una soluzione condivisa al default annunciato di una encomiabile istituzione.

L'irricomponibile cesura venne dalla decisione del Sindaco di privare la cittadinanza di un elementare diritto di trasparenza e conoscenza (oltre che di rappresentanza nei nuovi organi) e di avvitare la soluzione della crisi su un modello che ha come cifra esclusiva la soppressione dell'autonomia della gestione della RSA.

Se è consentito, tale timbro autoritario è inaccettabile per gli idealismi e le sensibilità ispirati dalla cultura democratica e liberale. Già messe a dura prova dalla decisione di escludere dalla Giunta l'assessore che aveva avuto l'ardire di sollevare il problema di opportunità.

Tale è stato lo snodo che, prima, ha protestato le basi della alleanza civica del 2015 ed, oggi, alla aggregazione di una volontà veramente “civica”, espressa da tre testimonianze, alcune civiche di costituency originaria, l'altra, il PD, che ha maturato autonomamente un profilo diverso dalla testimonianza di partito, nell'interesse superiore della buona gestione civica.

Diciamo altresì che, nel contesto generale del turno elettorale del 3,4 ottobre caratterizzato da una inaccettabile polarizzazione/strumentalizzazione di schieramento, diventa difficile non cadere in certe tentazioni.

La maggioranza uscente, infatti, non ha frapposto molti indugi a proclamare il proprio tratto somatico di centro-destra, che ha come profilo identificativo assoluto il brand leghista condiviso dai junior partners dell'UDC, del rappresentante di Forza Nuova, di F I. Ma che pretende anche di spacciare un presunto pannel “civico”. Insomma il ricandidato sindaco, che ha ingaggiato sulla piazza oratoria un Capitano Salvini (non ancora alle prese con gli imbarazzi “bestiali) e prima di lui i “boiardi” del potere regionale, pretende anche i fregiarsi delle mostrine di lista civica.

A dire il vero, ha concorso in questo ultimo anno a depistare le percezioni un certo premuroso “accompagnamento” ermeneutica di una certa stampa locale. Che prima ha messo a punto la formula del “listone” (appioppato in senso negativo alla lista civica guidata da Bissolotti) e poi, con l'evidente disegno di drenare la componente moderata di “Pizzighettone al Centro”, ha coniato nelle ultime ore la formula del “centro che vira a sinistra”.

Con tale saggio politicamente scorretto la formazione di destra dimostra, da un lato, di voler turlupinare la capacità interpretativa della pubblica opinione (con quella tentazione di civic sounding) e, dall'altro, mostra, in sintonia con le evidenti difficoltà di tenuta del modello polarizzato dei partiti invadenti, consapevolezza del sentiment diffuso dell'elettorato di voler scindere i piani politici. Tra le questioni centrali e la priorità della buona gestione municipale.

Da ultimo, aleggia sempre più sulle riflessioni degli elettori pizzighettonesi, la cattiva impressione suscitate dal cinismo ricattatorio di Salvini. Che da tribuno privo di scrupoli non ha rinunciato a ricordare che la destinazione dei fondi PNRR verrà gestita dalla filiera leghista.

La mafia non farebbe di meglio.

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